Visita al CAS tra Mazara del Vallo e Campobello di Mazara
A fine agosto abbiamo avuto visitato il CAS sito sulla strada provinciale tra Mazara del Vallo e Campobello di Mazara, all’altezza di Capo Granitola.
Questo centro di accoglienza straordinaria attivato lo scorso marzo, all’interno di un agriturismo in aperta campagna, è gestito dalla cooperativa “La Mimosa” e al momento della nostra visita ospitava 41 richiedenti asilo, di cui 3 nuclei familiari.
La posizione isolata in cui si trova è il primo elemento di difficoltà facilmente rilevabile: distante 10 km da Campobello e a 15 Kilometri da Mazara del Vallo, relega gli ospiti del centro ad un’ emarginazione spaziale e quindi sociale, dovuta alla totale mancanza sia di mezzi di trasporto pubblico, sia di un servizio navetta da parte dell’ente gestore.
La struttura ricettiva si trova all’interno di un vasto appezzamento di terra ed è composta da un locale lavanderia molto ampio, da una sala mensa piuttosto grande e da diversi unità abitative, ciascuna delle quali è suddivisa in due camere comunicanti, è dotata di un servizio igienico e contiene 8 letti. Sono inoltre stati aggiunti tre bagni chimici all’esterno per assicurare un numero di servizi igienici adeguato a quello degli ospiti. Tutti i locali in comune risultano piuttosto curati e puliti. Lasciano invece a desiderare le condizioni igieniche delle stanze e i bagni che abbiamo avuto modo di guardare, la cui pulizia è affidata agli ospiti.
L’operatrice del centro che si trovava di turno al momento della mia visita, si è mostrata, fin da subito, molto disponibile a mi ha accompagnato nel mio giro nella struttura. Ho così avuto modo di incontrare alcuni dei giovani che sedevano annoiaTI nella verandina adiacente la loro camera. Diversi di loro erano visibilmente molto affezionati all’operatrice, ma non hanno potuto fare a meno di dichiararmi il loro malcontento rispetto a diversi aspetti dell’accoglienza, in primis quello dei documenti: nessuno di loro (sia quelli arrivati recentemente che quelli che sono lì dall’apertura del centro) possiede ancora il permesso di soggiorno e ha ancora nessuna notizia relativa all’audizione con la commissione. Nel raccontarmi i motivi del loro malessere mi hanno parlato anche del ritardo con cui viene da loro percepito il pocket money e la mancata elargizione di indumenti e dei kit igienici.
Quando ho chiesto loro , come ad altri ospiti con cui ho avuto modo di parlare, se avessero ricevuto l’assistenza di un operatore legale che li avesse informati sui loro diritti e aiutati nella preparazione all’audizione con la Commissione, ho avuto modo di constatare che, nessuno di loro ha ricevuto tale tipo di assistenza.
Da tutti invece è stata ribadita la difficoltà di vivere nell’isolamento a cui sono relegati. Mi dicono che nell’impossibilità di affrontare 10-15 km di strada sotto il sole del giorno, o nel buio della sera (che la rende ulteriormente pericolosa non è fornita ne’ di marciapiede ne’ di illuminazione), devono scegliere di rimanere tutto il giorno nel centro, a volte fanno un giro nel piccolissimo centro della frazione di Torretta Granitola.
Non essendo inoltre prevista alcuna attività ricreativa, è davvero difficile trovare il modo di passare la giornata. Ad alcuni ospiti piacerebbe potersi dedicare ad attività di giardinaggio nel vasto terreno che c’è attorno al centro, ma non è stato possibile attivare alcuna attività perché il proprietario non autorizza. A detta degli ospiti mancherebbe anche un corso di italiano strutturato, ma pochi di loro sembrano riconoscerne l’importanza, mentre la maggior parte affermano di aver ben altri pensieri più importanti per la testa, riferendosi all’ottenimento dei documenti e alla possibilità di lavorare quanto prima per ri-iniziare ad avere una vita autonoma.
Questo isolamento e passività , come è naturale che sia, si ripercuote negativamente anche sulla convivenza e sul clima interno, il quale è palesemente piuttosto teso: nelle due ore che abbiamo passato nel centro, abbiamo assistito a diversi litigi tra gli ospiti.
Chiediamo informazioni rispetto a quanto lamentato da coloro con cui abbiamo parlato all’operatrice che ci racconta le difficoltà che il centro ha affrontato negli scorsi mesi, a causa delle tempistiche del pagamento da parte della Prefettura, dalla quale hanno ricevuto la prima tranche relativa i primi tre mesi di attività, solo qualche giorno fa. Ammette che le condizioni economiche in cui si è trovata la Cooperativa durante questo periodo, in cui si è dovuta sobbarcare l’anticipo di tutte le spese, ha causato diversi disservizi e un malessere generale che, nei mesi precedenti, è sfociato più volte nelle rivolte degli ospiti dovute alla mancata elargizione di pocket money e alla distribuzione degli indumenti, entrambe servizi che, dice, saranno finalmente in grado di fornire a breve (quel giorno abbiamo avuto modo di constatare l’arrivo delle tute, scarpe e ciabatte e di alcuni ospiti che chiedevano il cambio di taglia degli indumenti ricevuti il giorno prima).
Mi viene a questo proposito mostrato anche il modulo di rendicontazione dei pocket money, redatto e inoltrato dalla stessa Prefettura di Trapani, che, tra le diverse voci, comprende nome e cognome del beneficiario, l’ammontare della somma corrisposta, la data di ricezione e la firma del beneficiario. La prefettura, ha inoltre predisposto un formulario molto simile per la fornitura degli indumenti, disponendo che vengano registrate anche le eventuali donazioni, in modo che ci sia traccia di tutto quanto venga percepito dagli ospiti, e quindi, probabilmente, anche di quanto effettivamente acquistato dall’ente gestore. (Sappiamo infatti che è prassi consolidata in molti cas contare sulle raccolta di indumenti usati per assicurare il servizio di guardaroba, che invece è previsto dalla Convenzione).
Chiedo a questo punto informazioni sui tempi delle pratiche burocratiche, poiché anche gli ospiti presenti nel centro da lunga data non hanno ancora il permesso di soggiorno, apprendendo che, come succede spesso, questo dipende dalle tempistiche con cui la questura porta avanti le procedure. Nello specifico, quella di Mazara del Vallo, a causa del calo di organico dovuto alle vacanze estive, all’inizio dello scorso mese, avrebbe informato che tutte le pratiche per i permessi di soggiorno e la formalizzazione della domanda di asilo sarebbero state riprese a partire dal giorno 31 di agosto; nessuna eccezione neanche per le procedure di identificazione delle persone inserite nel centro a metà agosto , che quindi non erano neppure ancora state identificate.
Al momento del pranzo mi trovavo ancora dentro la struttura, così, dopo una breve visita in cucina, dove ho conosciuto il cuoco che si occupa della preparazione, sono tornata nel locale mensa, dove, nel frattempo si erano accese nuovi litigi tra gli ospiti. Assisto anche ad accese proteste di diversi di loro rispetto al cibo fornito, nei confronti dell’operatrice. Alcuni di loro mi mostrano il vassoio del pranzo, composto da pasta al pomodoro, un contorno di verdure miste, pane e un frutto. Mi dicono che viene servita loro la stessa cosa, ogni giorno: “sempre pasta e sempre lo tesso tipo di contorno a base di verdure, mai una porzione di proteine: pollo, pesce”. L’operatrice nega che sia così e anche alcuni di loro ammettono che di tanto in tanto ci sia del pollo o uova, ma tutti concordano sul fatto che siano sempre in quantità scarse.
La sensazione è che la nostra presenza stia alimentando ulteriormente questa protesta, decido quindi di andare a parlare dei diversi aspetti della gestione con il presidente della cooperativa e la coordinatrice del progetto di accoglienza, i quali mi spiegano che il servizio legale è sospeso solo temporaneamente (verosimilmente da almeno due mesi, dato che gli ospiti entrati agli inizi di luglio con cui ho parlato non hanno mai ricevuto consulenza legale) a causa della sostituzione del consulente. Assicurano però che sarà presto ristabilito. Per quanto riguarda il corso di italiano, mi dicono che se ne sta occupando il sociologo, quando ha tempo. Quando chiedo se sia prevista una figura specifica che possa assicurare un corso strutturato, dicono che l’assenza di un’insegnate è solo transitoria ed è dovuta alle improvvise dimissioni della precedente, ma che presto sarà ristabilita anche questa attività.
Mi parlano poi del prossimo ampliamento a 65 posti, quel punto faccio presente che le stanze che avevo visitato, mi erano parse già piuttosto affollate. Assicurano di avere tutti i requisiti per aumentare la capienza delle stanze, che sono stati riconosciuti, sia dalla prefettura che dai vigili del fuoco. Mi dicono inoltre che ci sono delle stanze non utilizzate al momento.
Giovanna Vaccaro
Borderline Sicilia Onlus