Soldati libici in guerra contro il terrorismo e l’immigrazione clandestina

DaRepubblica.it “Soldati libici in guerra contro il terrorismo e l’immigrazione clandestina”
Intervista al capo di stato maggiore della Difesa Luigi Binelli Mantelli, al termine dell’addestramento di un gruppo di militari in Italia: “Hanno avuto anche lezioni di diritto umanitario” di GIAMPAOLO CADALANU

PERSANO (SALERNO) – Sono impettiti e orgogliosi i soldati libici del decimo battaglione fanteria, a fine addestramento, sul piazzale della caserma di Persano. Il capo di Stato maggiore libico, Abdulsalam Jadallah Al Obeidi, arrivato in Italia per celebrare la fine del percorso italiano per 270 militari, li chiama “figli miei” e li definisce “pietre miliari nella ricostruzione della Libia”. Troveranno il primo impegno “nella battaglia contro il terrorismo”, ma anche nella “guerra contro l’immigrazione clandestina”.
Il tema è rovente, ma non ci sono incertezze: sono finiti i tempi della sciagurata collaborazione con la dittatura di Muammar Gheddafi, che aveva portato ai campi di concentramento per migranti sull’orlo del deserto, una vergogna di abusi e violenze più volte denunciata dalle organizzazioni di difesa dei diritti umani. L’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, capo di Stato maggiore della Difesa, ci tiene a sottolineare che i militari addestrati in Italia: “Fra l’altro, i soldati libici hanno avuto anche lezioni di diritto umanitario”.

Ammiraglio, c’è chi pensa che questi soldati siano stati addestrati solo per l’interesse italiano a fermare i migranti. Che ne pensa?
“Queste non sono forze addestrate per contenere l’immigrazione clandestina, che è un problema molto più ampio. In questo momento riguarda migliaia di rifugiati che cercano scampo alle guerre: nel Mali, in Centrafrica, in Libano… Il problema delle migrazioni non si risolve in termini militari. Noi addestreremo anche la Marina libica a operazioni come la nostra Mare Nostrum, per fermare chi specula sul traffico di esseri umani, una volta che la Libia avrò trovato la stabilità delle sue istituzioni”.

Ma allora qual è il senso politico dell’addestramento italiano?
L’Italia è stata la prima a selezionare personale per l’addestramento di un reparto che potrà essere il nucleo iniziale della Forze armate della nuova Libia. La sicurezza interna ed esterna è una premessa fondamentale per ogni possibile sviluppo politico ed economico”.

Quali compiti avranno questi militari? Riusciranno anche a dimenticare l’appartenenza tribale, che sta creando serie difficoltà alle nuove autorità di Tripoli?
“Abbiamo addestrato questi soldati per i normali compiti militari della fanteria, così come i Carabinieri addestrano in loco il personale di polizia. Questo reparto è una élite, un’unità coesa, che si sente legata
alle istituzioni, non a un gruppo particolare”.

Tornando al tema dell’immigrazione: secondo quanto si legge nel sito ufficiale della Marina militare, l’operazione Mare Nostrum serve a salvare le vite dei migranti e ad arrestare gli scafisti. E’ un importante passo avanti rispetto al passato, quando si parlava solo di respingimenti.
“Mare Nostrum ha quattro facce. La prima: il controllo delle frontiere nazionali, per fermare gli scafisti prima che arrivino. Poi c’è il salvataggio delle vite umane, che è da sempre nel Dna della Marina. C’è
l’aspetto umanitario: non si può semplicemente respingere chi fugge dalla guerra. E infine c’è il controllo della sicurezza, contro possibili infiltrazioni di estremisti o terroristi”.

Le autorità italiane sottolineano spesso che servirebbe un aiuto europeo per le operazioni nel Mediterraneo. Che ne pensa?
“E’ un problema articolato. Serve sempre una nazione guida in queste operazioni, quella che ha una vocazione più netta, che magari può avere il comando. E’ vero che non si possono fare le cose da soli, ma nemmeno tutti insieme. Magari noi potremmo metterci i mezzi. L’Europa potrebbe prendersi
la responsabilità della direzione e dei finanziamenti”.