RITARDI NEI SOCCORSI NELLA STRAGE DI LAMPEDUSA
A poco più di 24 ore dalla tragedia al largo della Spiaggia dei Conigli di Lampedusa, comincia ad essere più chiara la dinamica di quanto avvenuto, e il quadro che viene fuori dai racconti di chi ha prestato i soccorsi sin da subito, rivela delle sconcertanti responsabilità istituzionali.
Come abbiamo raccontato ieri, i primi ad accorgersi delle persone in mare sono stati dei diportisti lampedusani che erano in barca a pescare nelle vicinanze, i quali immediatamente hanno allertato la Capitaneria di porto di Lampedusa e hanno cominciato a tirare sulla barca decine di migranti mettendoli in salvo.
Il primo gommone della Guardia Costiera è arrivato tre quarti d’ora dopo la prima chiamata. Si tratta di un tempo lunghissimo considerata la vicinanza del luogo e la celerità con cui queste operazioni devono essere svolte. Le persone si trovavano in acqua da almeno tre ore. Nell’immediatezza dell’arrivo del gommone, non viene effettuato il trasbordo delle 47 persone dalla barca dei diportisti lampedusani al natante della Guardia Costiera perchè ocorre seguire il protocollo. Nel frattempo la barca dei diportisti, carica molto oltre la propria capienza, e quindi anche a rischio di capovolgersi, porta al molo in salvo i 47 migranti. Nelle ore successive, alle notizie della strage, si sovrappongono le dichiarazioni di ministri e rappresentanti istituzionali che per prima cosa si affrettano a sottolineare il fatto che non bisogna alimentare le polemiche sui soccorsi. Alfano addirittura parla di soccorsi immediati e avvenuti alle sette del mattino, quando la chiamata dalla barca alla Capitaneria di Porto è partita alle cinque. I rappresentanti istituzionali addirittura affermano che ciò che occorre è il rafforzamento della missione di Frontex. Quest’ultima è una missione che poco ha a che vedere con i soccorsi in mare, in quanto si tratta di un’agenzia europea che ha come compito principale quello di sorvegliare e pattugliare le frontiere marittime, e che in questi anni si è resa responsabile anche di veri e propri rifiuti di soccorsi, ad esempio a Malta.
Ci chiediamo a questo punto perché i soccorsi sono arrivati in ritardo. I mezzi erano impegnati in altre operazioni? C’è stata una diminuzione dei contingenti atti al soccorso a causa della spending review? In questi ultimi mesi si è tra l’altro verificata la circostanza di salvataggi effettuati da mezzi mercantili chiamati proprio dalla Capitaneria di Porto. E ci chiediamo quale sia questo protocollo, da quali procedure sia costituito.
Intanto la ricostruzione dei fatti permette di dire che quando la barca si trovava al largo di Lampedusa sarebbe andata in avaria e ci sarebbe stato un versamento di carburante. A quel punto i migranti, per farsi vedere hanno dato fuoco ad una coperta e sarebbe scoppiato l’incendio. Quindi si sarebbero tutti spostati sul lato opposto dell’imbarcazione, causandone il capovolgimento e la caduta in acqua.
Gli ultimi dati ci parlano di 111 cadaveri recuperati, tra cui 4 bambini e 49 donne. I superstiti sono 155 tra cui sei donne e due bambini. Di questi, 47 sono stati recuperati dai diportisti sulla propria imbarcazione e 27 da un pescatore di Lampedusa accorso sul luogo. Quindi resterebbero circa 220 persone disperse.
I vari governanti, veri responsabili di ogni morto in mare, tra lacrime di coccodrillo e puntualizzazioni del tutto fuori luogo, hanno dimenticato di ringraziare chi con le proprie braccia e fino allo stremo delle proprie forze, ha salvato vite umane. A loro va il nostro di grazie. Per aver salvato vite che per il nostro sistema politico valgono meno di altre e per ricordarci che nonostante ci stiano provando in tutti i modi a disumanizzarci, criminalizzando il soccorso in mare, c’è ancora chi non ha paura di disubbidire a leggi ingiuste e criminali.
Grazie ad Alessandro, Vito, Marcello ,Grazia, Linda, Rosaria e Carmine, e ai pescatori e cittadini lampedusani.
Redazione Borderline Sicilia