Palagonia: la rabbia, l’insicurezza e le facili strumentalizzazioni
È pesante l’aria che si respira camminando tra le strade di Palagonia, soffia un vento di rabbia
e si respira il bisogno di sfogare questo malessere contro qualcuno. Non è il momento per le analisi lucide ma si tende a sparare nel mucchio. Quanti più possono essere considerati colpevoli, meglio è, visto che le persone che hanno bisogno di sfogarsi sono tante e una persona sola non sarebbe sufficiente per tutto questo rancore.
L’omicidio del 29 agosto a Palagonia, che ha visto la tragica morte dei coniugi Solano, per il quale è indagato un giovane ivoriano ospite all’interno del CARA di Mineo, è stato la causa scatenante dei sentimenti che stanno investendo gli animi dei suoi abitanti intervistati ieri sera dalla trasmissione “Parallelo Italia” in onda su Rai Tre.
Signori e signore, ragazzi e ragazze, tutti ci tenevano ad essere ascoltati e a dire la loro opinione sulla situazione che stanno vivendo. Sono così tanti i riferimenti al CARA di Mineo, ai numerosi sbarchi di questi mesi, al ruolo dello stato italiano che sembra quasi passare in secondo piano la morte dei due compaesani. Il messaggio più importante che gli abitanti hanno bisogno di far sentire agli onorevoli presenti alla trasmissione è l’insostenibile insicurezza che le mamme provano nel portare i loro figli a scuola e le ragazze a rientrare a casa tardi la sera, oltre ad intere famiglie costrette a mettere cancelli attorno alle loro case. Dicono di essere un paese che si è sempre dimostrato disponibile all’accoglienza, si sentono profondamente offesi ad essere considerati razzisti e una ragazza ci tiene a portare un esempio: qualche sera prima aveva chiamato l’ambulanza dopo aver visto un uomo di colore per strada che sembrava stesse molto male, salvo poi scoprire che la causa del malore era l’alcol e quindi rammaricarsi quasi del gesto compiuto. Ad ascoltare questa testimonianza si aveva l’impressione che fosse stato compiuto un atto lodevole, di estrema gentilezza ma, a pensarci bene, sembra piuttosto un mettere in discussione il diritto alle cure mediche proprio di ogni persona che si trovi sul territorio italiano.
Alcune opinioni sono emerse anche per quanto riguarda il CARA di Mineo: c’è chi sarebbe a favore della sua chiusura, nella speranza di allontanare da Palagonia tutti gli ospiti che si trovano al suo interno, e chi invece ne è profondamente contrario, sospettando che alla chiusura del centro seguirebbe l’apertura di altri centri più piccoli all’interno dei vari Comuni, per dare un posto ai quasi 4.000 richiedenti asilo. Quello che accomuna tutti i presenti invece è l’idea che il CARA sia una sorta di centro detentivo per migranti, sufficientemente lontano dai centri abitati quindi tutto sommato idoneo a contenere il numero “esorbitante” di migranti che arrivano via mare. Si noti che da gennaio a giugno 2015 in Sicilia, regione di cinque milioni di abitanti, sono approdate circa 50.000 persone. Inoltre, come è ampiamente noto, di tutti i migranti che arrivano, la maggior parte lascia l’isola o perché trasferita in altre regioni italiane o perché intende proseguire il viaggio verso il nord Europa. L’indignazione però deriva dalla “cattiva” gestione del centro: per i cittadini non è più sopportabile che gli ospiti siano liberi di uscire dalla struttura e la sera, soprattutto, non dovrebbe essere loro permesso. Sarebbe interessante riflettere sul motivo per cui un centro di accoglienza per richiedenti asilo venga considerato come un luogo da cui non dovrebbe essere ammessa la libera uscita, alla stregua dei centri penitenziari. La “cattiva” gestione riguarda quindi quest’aspetto e non tutto ciò che è emerso e continua ad emergere dall’inchiesta “Mafia Capitale”. Quando parliamo di immigrazione parliamo di numeri, di affari, di criminalità, ma mai di persone.
Il momento più pesante della serata si è avuto durante l’intervento di Alfonso di Stefano, rappresentate della Rete Antirazzista Catanese, invitato dalla giornalista televisiva ad esprimere un suo punto di vista sulla situazione dell’immigrazione in Sicilia. L’intervento è cominciato con delle condoglianze: tanto per la morte dei coniugi Solano quanto per la morte di Ghirmay e di Evans, avvenute all’interno del centro. Questo parallelo è stato fatto per sottolineare il rispetto per la vita e per la sicurezza che la Rete Antirazzista vorrebbe vedere realizzata a trecentosessanta gradi e in particolare, in questi mesi, “per tutti i migliaia di morti di questo genocidio di cui è responsabile la Fortezza Europa”. Il riferimento è ovviamente alle continue stragi che si stanno consumando nel Mar Mediterraneo che solo nel 2015 hanno portato alla morte di più di 2.700 persone. Alfonso avrebbe voluto poi continuare con alcune considerazioni sul CARA di Mineo ma questo non gli è stato possibile a causa della rabbia esplosa tra gli abitanti del paese che non ritenevano opportuna la sua presenza. Con modi bruschi e parole forti gli è stato intimato più volte di andarsene, tanto da arrivare all’intervento dei carabinieri che hanno invitato un anziano signore a calmarsi. La giornalista era sconcertata, non credeva si sarebbe creata una situazione simile e si è scusata con Alfonso per le circostanze che gli hanno impedito di concludere il suo discorso. Erano presenti esponenti di Forza Nuova che invitavano i cittadini alla mobilitazione ed è prevista la visita di Salvini per venerdì prossimo. Ciò che è accaduto rischia di far crollare i pur deboli argini che ancora contenevano il più bieco razzismo e ferocia contro i migranti. Nonostante la colpevolezza del sospettato sia ancora da dimostrare con le indagini e un processo, nonostante un atto violento compiuto da una persona, di qualsiasi colore sia la sua pelle, sia da ascrivere solo ed esclusivamente a lui o lei, e non ad un’intera “categoria” di persone, ciò che è accaduto fa vomitare odio e intolleranza su cui esponenti politici xenofobi e fascisti speculano in modo vergognoso. Già ieri l’aggressione di due ragazzi gambiani.
Ci siamo allontanati da Palagonia tra gli insulti e le grida dei suoi abitanti, accompagnati da un carabiniere che non credeva opportuno farci camminare da soli fino alla macchina, e che si è assicurato che fossimo partiti prima di allontanarsi.
Ieri sera a Palagonia ho percepito la mancanza di sicurezza. Ho avuto paura. Di stranieri però non ce n’era nemmeno uno.
La Redazione di Borderline Sicilia Onlus