Naufragio dell’11 ottobre: i Libici, armati dall’Italia, sparano sui profughi
Asciugate le lacrime dopo il
dolore dei naufragi dato in pasto ai media, ed una volta spenti i riflettori
sui morti, i mezzi di informazione e l’opinione pubblica ritornano sui loro
binari e nessuno si chiede che fine abbiano fatto i vivi, i superstiti.
Borderline Sicilia aveva raccontato da Lampedusa il naufragio dell’11 ottobree nei giorni scorsi ha incontrato
un uomo siriano, che chiameremo Hamed, scampato a quel naufragio in cui una
parte di lui è comunque definitivamente morta, visto che quel giorno ha perso
la moglie, la figlia, la nuora e la nipote.
Tutte le donne della sua famiglia
sono morte, o comunque disperse, non essendo stati trovati i cadaveri della
nuora e della figlia. Ma non è il solo superstite del nucleo. Anche il figlio,
che a sua volta ha perso la madre, la moglie, la sorella e la figlia, è
sopravvissuto ma anziché in Italia, dai
soccorritori è stato portato a Malta con un altro gruppo di persone, dove
ancora si trova, confinato in un centro per migranti. Hamed ci spiega che la
cosa più importante per lui adesso è ricongiungersi a suo figlio, ma non ha
intenzione di restare in Italia. L’Italia che ha, totalmente, abbandonato i
profughi siriani al loro destino.
Nonostante il dolore nel
ricordare quel giorno, ci racconta quello che è successo. Lui e la sua
famiglia, di origine palestinese, sono scappati dalla Siria a causa della
guerra, e dopo essere transitati per un campo profughi gestito dall’Onu, sono
arrivati in Libia attraverso l’Egitto. In Libia hanno vissuto esperienze
terribili, venivano continuamente aggrediti e derubati, avevano il terrore di
girare per strada. La sera del 10 ottobre intorno le 22 sono riusciti ad
imbarcarsi e dopo qualche ora di navigazione, quando erano già in acque
internazionali, venivano avvicinati da una motovedetta libica con militari a
bordo. Per tre volte i soldati libici hanno sparato raffiche di proiettili
sulla barca, anche ad altezza d’uomo. Con le cime provavano ad agganciare
l’imbarcazione, con a bordo 420 persone, per farla rovesciare. Le persone a
bordo imploravano i militari di smettere, c’erano tantissimi bambini. Con gli
spari sono riusciti a danneggiare il motore (oltre che l’imbarcazione stessa) e
sono andati via. Dopo un po’ un aereo è passato sopra l’imbarcazione e le persone
a bordo per farsi vedere si sono alzate e mosse, e così la barca malandata si è
rovesciata, e sono annegate decine
di persone. Dopo circa un’ora sono
arrivati i soccorsi. Una parte di loro è
stata portata in Sicilia e un’altra parte a Malta. Hamed e suo figlio, unici superstiti di
un’intera famiglia, vengono separati.
Nonostante l’aggressione da parte
dei militari libici sia stata subito raccontata dai superstiti una volta arrivati in Italia, non c’è stata
alcuna reazione politica a quest’episodio gravissimo. La spiegazione forse
andrebbe ricercata nel fatto che da alcuni mesi a questa parte, i rapporti tra
Italia e Libia sembrano infittirsi, e quest’ultima è stata ancora una volta
investita dall’intera Europa del ruolo di gendarme delle frontiere a sud,
attraverso la costituzione dell’agenzia EUBAM, il cui scopo dichiarato è quello
di formare personale e definire programmi per un maggior controllo ai confini
libici, sia terrestri che marittimi.
L’Italia già da diversi mesi ha stanziato numerosi fondi per equipaggiare,armare e formare i militari libici, il cui nuovo establishment non sembra così
diverso, da quello del periodo gheddafiano per modalità e obiettivi,
soprattutto nei confronti dei migranti.
Ovviamente in ballo ci sono
enormi interessi strategici, soprattutto economici, e come sempre in questo
scacchiere di operazioni militari mascherate da operazioni umanitarie, i
migranti sono solo delle pedine sulla cui pelle fare accordi e anche sparare.
La Redazione di Borderline
Sicilia Onlus