La situazione a Salina Grande
La
situazione all’interno del Cara di Salinagrande, al momento, sembra abbastanza
tranquilla. Nel Centro ci sono circa 150 ospiti, secondo quanto riferito, dagli
stessi migranti, di diversa nazionalità. La maggior parte degli ospiti sono
arrivati nelle ultime tre settimane. Un gruppo di ragazzi molto giovani del
Gambia, arrivati da poco più di un mese, ha raccontato il difficilissimo
viaggio fino a Lampedusa: via terra in vari modi fino alla Libia, poi in 203
chiusi nella stiva di una nave, per più di due giorni; dai loro racconti emerge
anche la presenza di diverse donne e di ragazzi molto giovani.
Uno di loro, B.
di 18 anni, ha raccontato anche la sua esperienza in un carcere della Libia:
“Sono stato rinchiuso solo perché nero, tutti i neri adesso hanno problemi
in Libia, prima non succedeva. Mi hanno tenuto il carcere in Libia per 10 mesi,
non avevo fatto nulla. Le condizioni erano terribili, eravamo tanti, senza cibo
nè acqua, nessuno ci diceva niente e le guardie non esitavano a picchiare tutti
quelli che protestavano”. Un folto gruppo di migranti di diverse
nazionalità arrivati nella stiva sono adesso al Cara di Salinagrande, non hanno
ancora ricevuto un appuntamento con la Commissione: abbiamo cercato di
informarli su cosa fosse un Cara, sui tempi di attesa previsti dalla legge ma
hanno detto di non sapere nulla e di aspettare, ma di stare bene “cibo
buono e acqua calda”.
I
tempi di attesa sono ancora molto lunghi. R., un ragazzo di 22 anni dello Sri
Lanka arrivato sei mesi fa ha lasciato il centro molto presto, è stato lì solo
pochi giorni, parla molto bene l’Italiano. “Mi hanno detto che potevo
lasciare il centro e sono andato a Palermo, da alcuni amici; adesso torno ogni
mese, ho un appuntamento a luglio, forse parlo con la Commissione. Aspetto da
tanto tempo, già da sei mesi, l’appuntamento è il mese prossimo, ma ci sono
ragazzi del mio paese che aspettano anche da otto mesi”. R. fa parte di un
gruppo arrivato in aereo a Fiumicino. “A Palermo siamo in tanti del mio paese.
Io già lavoro”.
Le
condizioni di lavoro e quelle abitative sembrano le più preoccupanti. Durante
il monitoraggio dello scorso anno avevamo documentato quattro occupazioni di
edifici abbandonati. Uno di questi, una casa di proprietà della parrocchia di
Salinagrande, dopo una grande retata è stato sgomberato e murato a fine
dell’estate scorsa. “Hanno fatto bene a chiuderlo” racconta un
residente, il signor C., “Qui i ragazzi del Cara non danno mai fastidio,
al massimo mangiano la frutta e la verdura che trovano nei campi, ma sono
persone tranquille. I tunisini però sono diversi. L’anno scorso moltissimi
senza documenti venivano qui, lavoravano nella zona e dormivano accampati, la
sera si ubriacavano e c’erano molte risse, poi quelli del Cara e la polizia,
sono venuti hanno preso tutti e hanno murato il posto”.
Almeno
altre due strutture abitative sono ancora occupate, all’interno sono visibili
giacigli di fortuna. Le condizioni di questi alloggi temporanei sono abbastanza
critiche senza acqua né luce, uno è un ex fabbrica in cemento ed eternit,
l’altra una casetta ANAS a pochi metri dalle rotaie, in una zona poco
illuminata. I fenomeni di caporalato es lavoro nero sono all’ordine del giorno.
“La
mattina, racconta in signor F., vengono i furgoni a prendere la gente, sempre
diversa e la portano qui attorno, ma alcuni vanno lontano”. Non è stato
difficile constatare questa affermazione, dopo circa un’ora di monitoraggio, si
è avvicinata una macchina, ha fatto diversi giri davanti l’ingresso del centro,
si è accostata a circa mezzo km e ha caricato due ragazzi che all’apparenza
sembravano essere subsahariani.
B.,
un ragazzo del Mali, lavora in zona, ha un regolare contratto e si trova molto
bene. “Io lavoro qui, sono arrivato da sei anni che ero minorenne. Il
primo periodo ho lavorato in zona, non sapevo neanche che esistesse un
contratto di lavoro in Italia, lavoravo tutto il giorno e mi prendevo quello
che mi davano. Adesso sono in regola, lavoro in una grande cooperativa,
facciamo di tutto e mi trovo bene”. B. sembra però un’eccezione in un
grande territorio ai margini del paese, dove legalità e illegalità sembrano
perfettamente integrate.
Alberto,
Giorgia, Marco delComitato Antirazzista– visita del 4 giugno 2013