La situazione a Piana degli Albanesi
Abbiamo visitato i quattro centri di Piana degli Albanesi dove sono state collocate le persone arrivate via mare e trasportate su di un mercantile a Palermo lo scorso 27 settembre.
http://www.siciliamigranti.blogspot.it/2013/09/migranti-sub-sahariani-arrivi-anche-al.html
Si tratta di strutture che per la prima volta sono state predisposte all’accoglienza durante la cosiddetta “emergenza Nord Africa”, nell’anno 2011, e che da tempo non ricevevano più il collocamento di altri ospiti, rimanendo attive solo per l’accoglienza di alcuni adulti presenti da allora.
La notte dell’arrivo al porto di Palermo, la competente Prefettura ha richiesto loro di predisporre l’accoglienza per i migranti soccorsi in mare.
Le strutture in questione sono:
– Sklizza: ex monastero, negli ultimi anni attivo come centro di campi di lavoro e attività sociali e culturali, è gestito dalla Fondazione San Demetrio. Ha camere da 2-3-5 posti letto e ,al momento, accoglie 56 uomini adulti. Il catering è esterno;
Sklizza
– Centro Patret: un ex ricovero per anziani, poi trasformato in centro per attività ricreative. Al momento accoglie 32 adulti, tutti di sesso maschile. Ha una cucina interna e i pasti vengono preparati dagli operatori;
– Residence San Giorgio: è un ex albergo a conduzione familiare. La gestione, costituitasi in cooperativa, “La Fenice”, ha convertito l’albergo in centro di accoglienza per minori non accompagnati e donne. Al momento accoglie 32 persone, di cui 4 donne, 27 minori di sesso maschile e una bimba di 7 anni;
– Albergo Green Paradise: ospita 61 uomini adulti. Accoglie al momento 61 persone.
La procedura di inserimento delle persone in questi centri quella notte è stata dettata dalla “emergenza”. Il problema è che a distanza di dieci giorni, non vi è ancora alcuna convenzione ufficiale tra la Prefettura e questi centri che, al momento, stanno provvedendo a coprire a proprie spese tutti i costi dell’accoglienza, senza avere alcuna garanzia di finanziamento.
Questa “precarietà burocratica” ha delle importanti ricadute anche sulla situazione degli ospiti, poiché causa: un rallentamento degli iter burocratici per la loro regolarizzazione , l’assenza di un serio screening sanitario che attesti le buone condizioni di salute di tutti (o eventuali criticità di alcuni ospiti), nonché una progettualità che garantisca nel tempo tutti i servizi che dovrebbero essere loro assicurati.
La principale criticità riguarda il rallentamento delle pratiche per la richiesta della protezione internazionale. Infatti, se la pre-identificazione e la rilevazione delle impronte digitali è affidata all’Unita di pronto intervento di Pubblica sicurezza nell’imminenza dell’arrivo sulla terra ferma , sono invece pochissime le persone che hanno avuto modo di accedere al riconoscimento della protezione internazionale. Sul totale delle persone arrivate lo scorso 27 settembre, sappiamo che appena 15 persone hanno potuto formulare la relativa domanda. Poi, per ragioni d’ufficio, l’Unità di pronto intervento ha lasciato i centri, e, a distanza di dieci giorni, gli ospiti attendono il loro annunciato ritorno. Uno dei responsabili ci ha parlato della compilazione di una “richiesta informale” che avrebbero formulato gli ospiti e ci ha riferito che la Questura ha loro assicurato che l’Unità mobile di Pubblica sicurezza tornerà a raccogliere tutte le domande entro la settimana prossima. Altri ospiti dei centri con i quali abbiamo parlato, quando è stato loro domandato se avessero proceduto a richiedere la protezione internazionale, ci hanno dato l’impressione di non sapere bene di che cosa stessimo parlando. Questo dato ci ha portato a dubitare che qualcuno abbia mai provveduto ad effettuare la dovuta informativa legale circa i diritti degli ospiti, al loro arrivo o successivamente.
Il mancato screening sanitario dipende dal fatto che, per effettuarlo, i centri dovrebbero accompagnare tutti i loro ospiti presso le strutture ospedaliere di Palermo. Questo significherebbe dover affrontare ingenti spese per il trasporto degli ospiti e per le trasferte del personale. Senza una garanzia di un finanziamento, i centri non possono farsi carico di queste spese. Infatti, a Piana egli Albanesi c’è solo la Guardia Medica che si occupa delle emergenze sanitarie, ma non esiste un’unità costituita da un medico e un analista che possano occuparsi di visite approfondite ed esami di laboratorio. Dato il cospicuo numero degli ospiti, 181, il Comune starebbe discutendo con l’Asp di Palermo della possibilità di un presidio in loco. Soluzione che permetterebbe di velocizzare i tempi, oltre che di abbattere i costi.
Infine, la mancanza di una convenzione determina l’impossibilità di un’effettiva progettualità strutturale e organizzativa dei centri che possa garantire agli ospiti di tutti i servizi e i benefici previsti dalla legge. Si segnala in tal senso che tutti i migranti con cui abbiamo parlato hanno rappresentato difficoltà nel comunicare con le proprie famiglie. Infatti, i centri non hanno ancora provveduto a dotarsi di un collegamento internet.
Turno alla cabina del paese
Così gli ospiti di tutti i centri sono costretti a recarsi in paese per poter contattare le proprie famiglie. Ma in tutta Piana degli Albanesi è presente una sola cabina, creando una fila lunghissima di attesa, attendendo il proprio turno addirittura per 2-3 giorni.
In mancanza di una convenzione tra Prefettura e centri di accoglienza , anche la questione “pocket money” è gestita discrezionalmente da ciascun gestore. C’è chi provvede a garantire solo una scheda telefonica di 5 euro a settimana e chi, invece garantisce agli ospiti 2.50 euro, in forma di voucher spendibile nell’unico bar del paese.
Pur non di meno una nota positiva in questa situazione è rappresentata dalla solidarietà che la comunità di Piana degli Albanesi sta dimostrando ai nuovi arrivati. Diversi operatori con cui abbiamo parlato, ci hanno raccontato di vestiti, libri e prodotti agricoli che vengono quotidianamente donati ai migranti.
Redazione Borderline Sicilia Onlus