Diritti di difesa a Lampedusa, e nuovo buisiness dell’accoglienza
Il 4 giugno 2011 intorno alle 9:30 gli avv.ti Marino e La Russa, del foro di Agrigento, si sono recati presso il centro di primo soccorso ed accoglienza di Lampedusa per incontrare alcuni cittadini tunisini che avevano loro rilasciato regolare procura generale, nelle scorse settimane. All’ingresso del centro sono stati fermati dal funzionario di PS di turno, al quale si è aggiunto il responsabile del centro, dott. Galipò, i quali hanno chiesto loro se fossero muniti di apposita autorizzazione prefettizia. Dopo avere inutilmente esibito gli atti di nomina sottoscritti ( e debitamente autenticati da un funzionartio del comune di Lampedusa) da 16 persone trattenute da settimane presso il centro, i due avvocati si sono rivolti alla Prefettura di Agrigento. La dott.ssa Vaccaro, del Gabinetto del Prefetto, nonostante le precisazioni dei due difensori circa l’inviolabilità del diritto di difesa e la circostanza che non si richiedeva un ingresso al centro ma semplicemente la possibilità di esplicare attività difensiva in favore dei propri assistiti peraltro presso l’ufficio messo a disposizione dall’OIM (esternamente, dunque, al campo), richiamava la nota circolare del 1° aprile 2011 ed invitava gli avvocati a inoltrare formale richiesta al Ministero dell’Interno. Alle 11:33 i due difensori inviavano un fax, con oggetto “richiesta di colloquio difensivo c/o cpsa di Lampedusa” all’Ufficio di Gabinetto della Prefettura di Agrigento e p/c al Dipartimento delle libertà civili e immigrazione del Ministero dell’Interno e all’OIM di Roma, rappresentando l’estrema urgenza dell’istanza. Nel frattempo mentre la Prefettura di Agrigento, nella persona del dott. Diomede, si premurava telefonicamente di precisare l’inviolabilità del diritto di difesa (escludendo che occorresse un’autorizzazione in ossequio alle indicazioni contenute nella richiamata circolare) e l’esclusiva formalità di una necessaria autorizzazzione, il Ministero dell’Interno richiedeva agli operatori dell’OIM in servizio a Lampedusa di inoltrare le copie di ciascuna procura al fine di riscontri e controlli. Soltanto alle 19:15 circa della stessa giornata arrivava un’autorizzazione della Prefettura di Agrigento con la quale veniva permesso ai due difensori il colloquio difensivo, ma esclusivamente con i cittadini tunisini trattenuti presso il centro le cui generalità, fornite al momento del rilascio della procura generale, erano risultate, no corrispondenti, bensì identiche a qualle registrate dall’autorità di PS al momento dell’ingresso al centro. In tal modo veniva negato il diritto di difesa a quei cittadini che al momento della dichiarazione di identità alla PS avevano fornito generalità, poi non confermate al momento del rilascio della procura ai difensori. Tra questi un richiedente asilo, detenuto da più di 20 giorni presso il CPSA di Lampedusa nella zona confinata dalle forze dell’ordine. Per questo Tunisino richiedente asilo provvederemo in giornata a far sottoscriverte una nuova procura e, di conseguenza, a programmare un colloquio con l’assisitito entro la gionata di domani. Operazione che si prelude non facile, date le indicazioni pervenute dal presidio di PS del centro, il cui funzionario nei giorni scorsi è apparso categorico nell’affermare l’impossibilità (giuridica?!) di formalizzare una nuova procura generale da parte di quei detenuti che non hanno potuto incontrare i propri difensori per le ragioni anzidette. Riassumendo: 7 Tunisini non hanno potuto incontrare i loro legali per non corrispondenza delle generalità, 5 hanno avuto accesso all’esercizio del diritto di difesa, 2 sono risultati essere tra i Tunisini che lo scorso 30 maggio a seguito di un tentativo di suicidio sono stati trasferiti in elisoccorso presso un presidio ospedaliero di Catania, 2 sono stati rimpatriati con i voli partiti da Punta Raisi lo scorso 27 maggio e 2 giugno.Per quanto riguarda i due ricoverati, attendiamo notizie da parte di MSF. Sono entrambi codifesi dall’avv. Ottaviano. Pertanto, nel caso in cui si trovassero ancora a Catania, sarebbe opportuna una visita da parte del codifensore. Abbiamo notizie di uno dei due Tunisini rimpatriati. Nei giorni scorsi abbiamo appreso dalla sua famiglia che il ragazzo (26 anni) è in stato di schok. Accusa malessere psicofisico lamentando di essere stato brutalmente aggredito e picchiato dalle forze dell’ordine italiane. Non conosciamo ancora i dettagli della vicenda, ma tramite i contatti con la famiglia la delegazione di Borderline europe che la prossima settimana si recherà in Tunisia dovrebbe incontrare il ragazzo e approfondire i fatti. Peraltro, al mio sollecito di far pervenire via fax la copia del provvedimento notificatogli al momento del rimpatrio, mi è stato risposto che dopo la sottoscrizione non gli è stata rilasciata alcuna copia. Pertanto, nel prossimi giorni sarà necessario che gli avvocati di fiducia provvedano a richiedere copia dei provvedimenti di rimpatrio alle competenti autorità italiane (questura di Agrigento o Palermoi) al fine di verificare la legittimità e conformità dei provvedimenti assunti dalle autorità competenti. Le ultime novità che ho appreso a seguito di informali chiacchierate con gli operatori del posto: il sistema di trasferimento dei migranti tramite le navi traghetto è ormai consolidato. L’Oim è stata invitata a inviare un team sulle navi (il primo esperimento risale alla scorsa settimena) , al fine di presenziare alle relative attività di smistamento da parte delle forze dell’ordine. Sulle navi il servizio cabina è garantito soltanto alle donne e ai nuclei familiari. Gli uomini dormino per giorni sulle poltrone, i più fortunati, o per terra, gli altri. Ogni giorno di “crociera” costa allo Stato italiano la bellezza di 140.000 euro. Notizie anche dal fronte seconda accoglienza: la Connecting People ha ufficialmente ottenuto un mega-appalto per reperire nel solo territorio siciliano 4.000 posti destinati alla seconda accoglienza. Inoltre, la scorsa settimana Gabrielli, Commissario delegato per l’emergenza della PC, in conferenza stampa ha annunciato che il nuovo sistema di seconda accoglienza sarà monitorato da appositi team istituiti ad opera dei vari soggetti attuatori, formati da rappresentanze, tra gli altri, dell’UNHCR, dell’ANCI e dell’UPI. Da quello che si desume dai vari riferimenti normativi contenuti nell’OPCM n. 3933 del 13 aprile 2011, gli standard da garantire per ciascuna soluzione di accoglienza saranno i medesimi di quelli stabiliti per i C.A.R.A., ma con la differenza che i posti da reperire potranno essere individuati in strutture disparate (dormitori, alberghi, ecc.). Sulla scorta di quanto sta avvenendo già in Puglia, dove piccoli gruppetti di 5, 6 richiedenti asilo sono stati, ad esempio, dislocati presso strutture alloggiative gestite dalla Caritas, dove viene loro fornito un letto e da mangiare, ma nessuno si occupa della gestione della parte amministrativa relativa al loro status. Sarebbe interessante apprendere i dettagli dell’intera operazione da parte del soggetto attuatore siciliano, dott. Lo Monaco, e sentire anche qualcuno del sistema centrale SPRAR per capire se il vecchio, sano modello sia definitivamente spacciato. Germana Graceffo, Borderline Sicilia