Arrivano a Porto Empedocle i suprestiti del naufragio, si attendono le bare
Agrigento Notizie – E’ salpata da Lampedusa la nave “Cassiopea” con a bordo 150 bare delle vittime; nell’hangar ne rimangono più di 200, ma bisognerà effettuare più di un trasferimento visto che sull’imbarcazione militare non ci sono posti per tutti i feretri.Sono arrivati a Porto Empedocle, a bordo della nave “Libra” della Marina Militare, i 236 migranti, tra cui anche i superstiti del naufragio dell’11 ottobre e altri profughi soccorsi in varie operazioni. Sulla banchina, dove ad attenderli c’erano i pullman per il loro trasferimento a Trapani e Mineo, c’erano anche diversi attivisti di associazioni umanitarie.
“Siamo qui – spiega Yodit Abraha, donna eritrea appartenente alle associazioni umanitarie – perché vogliamo accogliere i nostri fratelli che abbiamo ucciso, perché la responsabilità della morte di 300 è di tutti i cittadini. Dovremmo essere orgogliosi di un paese civile, ma non è così. Con quelle morti ognuno di noi ha perso qualcosa. Io spero che questa esperienza ci aiuti affinché i nostri figli non si vergognino di noi. Chiediamo che venga abolita questa legge così assurda. Mi auguro veramente che le frontiere vengano spaccate, perché è assurdo che nel 2013 le persone viaggino in questo modo”. Tra i manifestanti c’erano rappresentanti di varie associazioni, tra cui il “Movimento antirazzista”, l’Osservatorio antirazzista, l’associazione “Primo marzo” e diversi esponenti delle comunità etiope e eritree in Italia.Intanto è salpata da Lampedusa la nave “Cassiopea” con a bordo 150 bare delle vittime; nell’hangar dell’aeroporto dell’isola ne rimangono più di 200, ma bisognerà effettuare più di un trasferimento visto che sull’imbarcazione militare non ci sono posti per tutti i feretri. Il suo arrivo è previsto nel pomeriggio, o al massimo in serata. Incontenibile lo strazio dei familiari durante le operazioni di imbarco dei feretri: c’era chi chiedeva di poter apporre la foto del loro caro sulla bara e chi, invece, chiedeva di riaprire il feretro per avere una maggiore conferma che lì dentro ci fosse un loro caro congiunto.