Trapani: siamo a 30, ma le regole adesso cambiano

Dopo gli ultimi arrivi della scorsa settimana, Trapani ha
stabilito il nuovo record di centri di accoglienza straordinaria: 30 in tutta la provincia.

Gli ultimi 4 centri sono stati aperti la settimana scorsa
proprio per la necessità di accogliere circa 500 persone tra uomini, donne e
bambini. Con l’ultimo arrivo, nell’hinterland trapanese, tra Cas, Cara e Cie sono presenti circa 3.000 persone!

Fra i nuovi centri spicca un resort di Castellammare del
Golfo
, i cui proprietari da diverso tempo, circa 5 mesi, cercano di
convertire la propria mission da turismo ad immigrazione. Ci chiediamo con
quale preparazione visto che l’approccio è stato visitare altri centri per
capire come funziona il nuovo commercio di persone che arrivano dal mare!

Questo è l’ennesimo segnale che ormai con il turismo non si
riesce più a vivere, neanche in una bella località come Castellammare del Golfo.
Sono gli stessi proprietari della struttura, di origine milanese, che affermano
che “il business dell’immigrazione dura tutto l’anno, mentre quello turistico
da aprile ad ottobre, quindi…”.

Ovviamente i problemi nell’accoglienza continuano ad
esistere per la scarsa preparazione – quando non c’è malafede – che provoca
danni enormi ai destinatari dei servizi, come purtroppo continuiamo a denunciare
da anni. Ai problemi sanitari, legali e sociali si accompagna poi la lentezza
burocratica italiana.

Per fare soltanto un esempio abbiamo incontrato al CAS “Vulpitta”
(un nome, una garanzia) un ragazzino di 19 anni, arrivato minorenne nell’agosto
del 2013. Ha
trascorso i primi 2 mesi nella palestra vicino al porto di Trapani, poi è stato
trasferito in un Cas, in cui per mesi nessuno ha provveduto ad avviare le
procedure di apertura della tutela, con il risultato che al compimento dei 18
anni è stato trasferito per l’ennesima volta in un altro Cas, dove ha
ricominciato la procedura per richiesta di asilo. Risultato? Il ragazzo verrò
sentito dalla Commissione territoriale ad aprile 2015, dopo circa 2 anni dal
suo arrivo in Italia.

Casi come quello di questo ragazzo ne riscontriamo tanti,
perché l’incuria e la leggerezza con cui si lavora è troppa, in quanto troppo
spesso dietro la volontà di lavorare con i migranti c’è soltanto il desiderio
di guadagnare, magari di più che con il turismo!

Con l’ultima circolare inviata a tutte le prefetture italiane (lan. 5484 del 27
giugno

2014),
il ministero dell’Interno ha drasticamente modificato le modalità per
la ricerca di strutture per l’accoglienza
. Non si potranno aprire Cas con affidamento
diretto della prefettura, ma si dovranno indire dei bandi di gara. Ci
chiediamo se i tempi lo consentiranno, ma soprattutto se i prefetti si
adopereranno nella ricerca di soluzioni per lo smistamento e l’accoglienza dei
migranti con un piano organico e sistematico, oppure a causa delle “emergenze”
si continuerà a perpetrare il sistema delle deroghe, o peggio ancora vedremo il
proliferarsi di centri informali, nell’attesa di una seria programmazione?

Quel che è certo è che si rende ancora più pesante il lavoro
affidato alle prefetture siciliane, anche alla luce del personale sotto dimensionato.

Per i 30 Cas aperti sino ad oggi invece, è prevista una proroga
per altri 3 mesi.

Le proteste in provincia si moltiplicano sia per la
lentezza burocratica – ormai la media di attesa per l’audizione in commissione
è di circa un anno e mezzo – ma anche a causa degli innumerevoli disservizi. In
alcuni casi, poi, le proteste coinvolgono anche le popolazioni locali, come
ad esempio avvenuto a Paceco, Salemi, Triscina e Marsala, dove ci si lamenta per
“la presenza massiccia di neri per le strade, che nonostante vengano
accolti hanno pure la sfacciataggine di protestare!”

Ma le lamentele provengono anche dagli enti gestori che
dicono di lavorare male per via del mancato pagamento da parte della prefettura
da circa 6 mesi. Ciò comporta all’interno dei centri il ritardo nella
distribuzione dei pocket money agli ospiti, per mancanza di liquidità o per mancanza
di accesso a linee di credito.

Per ovviare agli inconvenienti della gestione dell’accoglienza
le cooperative si organizzano in consorzi anche nuovi, che funzionano col
sistema della filiera, con la produzione diretta di pasti, l’erogazione
di servizi di pulizia delle strutture e di guardaroba, la produzione dei kit di
igiene personale. Si punta a risparmiare il più possibile e, ovviamente, ad
avere un controllo e un ritorno maggiore.

In tutto questo vai e vieni, trasferimenti, ecc., è ovvio
che il CARA di Salinagrande venga utilizzato ormai come centro
di smistamento
. Dietro suggerimento del ministero (la famosa circolare), la
prefettura di Trapani ha disposto di “svuotare” il CARA, cominciando
dai soggetti vulnerabili trasferiti in centri Sprar di nuova apertura, in
quanto recentemente con i fondi ministeriali si è proceduto all’ulteriore allargamento
del sistema Sprar di altri 3 mila posti.

A seguito dei trasferimenti nei giorni scorsi degli ospiti
presso i Cas in altre regioni italiane, oltre che nei centri Sprar, il Cara di
Trapani contiene soltanto 100 persone, pronto ad attendere i prossimi
arrivi.

Per finire, presso il CIE di Milo restano soltanto 40
persone. Solo tre settori su sei risultano aperti, in quanto la struttura è
interessata da una ristrutturazione e si trova in fase di assegnazione della
gestione con un nuovo bando. Solo a fine agosto la prefettura, dopo aver
verificato la regolarità della gara assegnerà al nuovo ente gestore la
struttura di detenzione. In questa fase di transizione gli operatori storici
del CIE – sopravvissuti al passaggio dei numerosi enti gestori – hanno
organizzato un corso di alfabetizzazione e una piccola biblioteca che, quando
non ci sono tentativi di fughe oppure proteste, verranno utilizzate.

L’appello che lanciano i diversi operatori del settore è che
venga istituita un altra sottocommissione territoriale che smaltisca la mole di
lavoro arretrato, perché Trapani in
questo momento sembra una pentola a pressione pronta ad esplodere!

La Redazione di Borderline Sicilia Onlus