Non tutti possono far festa
Anche durante questo periodo natalizio assistiamo al susseguirsi di dichiarazioni ipocrite e di facciata dei nostri politici, da Minniti a Gentiloni. Nello stesso tempo le politiche italiane vengono condannate nel giro di un mese, prima dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite e poi dal Tribunale Permanente dei Popoli. Due soggetti profondamente differenti ma uniti dalla condanna all’Italia e all’Europa, complici di politiche disumane e criminali.
E mentre i nostri politici fanno a gara in tv e sui giornali a fare interviste strappa lacrime per continuare a raccattare qualche voto, non trovano però il tempo di andare in Parlamento e votare la legge sullo ius soli. La speranza è che gesti politicamente chiari come questo, svelino il vero volto e le vere intenzioni di forze politiche profondamente razziste.
Purtroppo si continua a morire e non c’è Natale che tenga. Anzi, in questi giorni, per far vedere un presepe, o per fotografare una statua nera che arriva in pompa magna al porto di Palermo, viene fatto calare il silenzio sulle morti: tutto viene fatto passare in secondo ordine per non turbare i nostri pranzi e le nostre tombole.
Ma per qualcuno non è Natale, non è Capodanno, per qualcuno è sempre la solita storia: cercare tutti i giorni di uscire dall’invisibilità, dallo sfruttamento, e cercare di tirare a campare senza possibilità di festa alcuna.
Non ha nulla da festeggiare B., ragazzino che è stato per tantissimo tempo nella comunità Elom di Palermo (nonostante si tratti di un CPA), per poi essere sdradicato e portato a Licata in una comunità di seconda accoglienza isolata dal contesto della cittadina agrigentina. B. resta tutto il giorno a letto e ci invia quotidianamente video e audio della sua disperazione, del suo isolamento, del suo sentirsi abbandonato da tutto e da tutti. Comunità senza nessun mediatore e senza alcuna professionalità adeguata, che manda i vigilantes se i ragazzi cercano di reclamare qualche diritto. Anche a Natale B. è rimasto a letto nella solitudine della sua vita amara.
Non hanno nulla da festeggiare i tunisini rinchiusi a Lampedusa in quel che resta dell’hotspot, visto che attualmente la struttura sembra più un CPR che un hotspot. In modo assolutamente arbitrario si spediscono indietro centinaia di persone attraverso operazioni di rimpatrio collettivo. A Lampedusa si consegnano fogli di via ai tunisini che sono costretti a vagare in attesa di una nave che li porti sulla terraferma. R. ha tentato il tutto per tutto e si è nascosto insieme ad altri nel camion dell’immondizia e per poco non moriva soffocato. Anche lui, come B., è vittima di un sistema assurdo.
Non hanno nulla da festeggiare alcune donne ospiti nei CAS di Palermo e provincia, da Balestrate ad Altavilla. Continuiamo a ricevere sms di F. e C., ospiti di un CAS femminile di Palermo, con cui ci denunciano la mancanza cronica di mediatori e la mancanza di figure professionali come gli operatori legali. Sono costrette a vivere con il freddo e l’umidità visto che le strutture non sono per nulla riscaldate. Il vestiario gli viene spesso donato da privati cittadini o associazioni di volontariato, per non parlare del diritto allo studio che viene quasi sempre violato, aggravando la condizione di marginalità e vulnerabilità delle donne, spesso vittime di tratta. Anche G. è una vittima silenziosa di questa tratta che a Natale non tende a diminuire, anzi come ci ha raccontato, questo è il periodo in cui ci sono più clienti, che chiedono sempre di più. G. ha avuto un aborto spontaneo, figlio dell’ennesimo abuso.
Non hanno niente da festeggiare neanche I. E K., che vivono isolati a Baita del Faggio, immersi nella neve e abbandonati a loro stessi. Ragazzi che lamentano costantemente il freddo perché i riscaldamenti non sempre sono attivi, spesso manca la luce e la neve fa il resto del gioco. “Come si può vivere in questo bosco ricoperto di neve, non possiamo vivere così, siamo sempre soli, ci hanno levato ogni diritto, non c’è riscaldamento, non c’è luce e se proviamo a lamentarci i responsabili ci dicono che ci fanno cacciare dall’Italia, ci ricattano tutti i giorni”.
Versione che i responsabili di Baita del Faggio e di Piano Torre in parte smentiscono perché i riscaldamenti si accendono in orari prestabiliti e sono nelle stanze, mentre nelle aree comuni ci sono le bombole (che quando finiscono ci vuole tempo per cambiarle). Al di là delle smentite o di quale sia la verità, l’unico dato certo è che la prefettura negli anni non ha saputo prendere una decisione su luoghi come Baita del Faggio, in cui non si può fare accoglienza. Anzi, ha continuato ad autorizzare l’apertura di CAS in luoghi sperduti in mezzo alle montagne, in cui è difficile andare anche a lavorare, per la distanza e la condizione delle strade, adesso innevate. I ragazzi si sentono ovviamente abbandonati, e I. E K., del Natale, hanno avuto solo la neve e il gelo.
Non hanno niente da festeggiare neanche i ragazzi che sono scampati alla morte qualche giorno fa per l’incendio che è avvenuto nel campo dei lavoratori invisibili di Campobello, di cui vi abbiamo raccontato nei mesi scorsi. T., A., E., e molti altri sono rimasti lì e ci resteranno tutto l’anno per continuare a fare qualche lavoretto. Dei 1800 ne sono rimasti soltanto poco più di cento, che per riscaldarsi e non morire di freddo hanno rischiato di morire a Natale, proprio come Ousmane, qualche anno fa. E quando la storia si ripete con questa drammaticità significa che le istituzioni sono responsabili di queste morti. Soltanto per caso la bombola non ha preso fuoco e il bilancio del rogo non è stato di morti e feriti. Ragazzi che a Natale, mentre il ministro si vantava di canali umanitari, hanno perso tutto, dai documenti ai soldi guadagnati, diventando sempre più invisibili.
E non ha fatto festa neanche S., giovane somala che la Germania ha rispedito indietro, in quanto meno gradita dei siriani. S. è arrivata a Palermo due giorni prima di Natale, ha trovato ospitalità in un dormitorio della Caritas e durante il giorno vaga per il centro senza meta. Vorrebbe tornare in Germania dove la aspetterebbe anche un fidanzato, ma non può.
Adesso che il Natale è passato e ci apprestiamo a salutare il 2017, questi e tanti altri invisibili possono tornare a riempire le pagine dei nostri giornali e riprendersi almeno i primi titoli dei tg, vista l’imminenza della campagna elettorale che speculerà sui migranti nel modo più bieco e vergognoso.
A loro, ai nostri politici, auguriamo di vivere un 2018 ricco di tante situazioni che vivono i nostri amici invisibili, a loro auguriamo di vivere almeno una notte a Baita del Faggio, a loro auguriamo di vagare senza saper dove andare in una delle nostre città, a loro auguriamo di essere vittime delle loro stesse politiche. Forse così la politica potrebbe prendere una strada diversa, ridare dignità alle persone, ridare libertà e restituire il maltolto agli impoveriti e alle impoverite vittime sacrificali della parte “civile” del mondo.
Anche il 2017 è finito e ci apprestiamo a ripartire nel 2018, convinti che prima o poi scriveremo che I., S., e tantissimi altri possono finalmente festeggiare un Natale da persone, persone libere.
Buon anno.
Alberto Biondo
Borderline Sicilia Onlus