Non solo il mare
È appena trascorsa la settimana in cui abbiamo celebrato in tutto il mondo la giornata della memoria, tra buoni propositi e ricordi struggenti di chi ha vissuto una delle pagine più brutte della storia del nostro povero mondo. Talmente povero di valori, che abbiamo perso da tempo, da poter brindare ai suicidi di persone a cui abbiamo tolto tutto; perché purtroppo la vita è talmente dura per tantissimi impoveriti dal sistema messo in piedi dai potenti di turno, che si è persa la speranza di una vita dignitosa, e l’unica via d’uscita da tanto dolore è il suicidio. Non si muore più soltanto in mare, perché la violenza subita non la si può cancellare con un colpo di spugna, e senza un supporto si resta soli nel proprio dolore e si decide di farla finita.
“Troppi giovani sono costretti a perdere la speranza, violentati da milizie, dalla politica, dall’indifferenza, dai muri che costringono a lasciare questo dolore così forte e senza scampo”. Queste le parole di un giovane ivoriano che da anni vive a Palermo e che commenta l’ennesima notizia del suicidio di un giovane migrante, probabilmente coetaneo. In confronto, lui si ritiene fortunato: “Io ho avuto la fortuna di incontrare degli angeli che mi hanno supportato e accompagnato, altrimenti non sarei riuscito a superare questa montagna che per molti è insormontabile”.
Abbiamo vissuto un’altra settimana in cui ci siamo sbizzarriti a “sbattere” fuori le persone, ancora una volta a creare degli invisibili, ancora una volta a togliere dignità, diritti, ancora una volta respingimenti e abbandono per strada. Èsuccesso anche a Trapani giovedì e venerdì della settimana scorsa: 200 marocchini sono stati destinatari di decreti di respingimento differito, il famoso “seven days”, a gruppi di 50 alla volta.
200 ragazzi che per l’Italia non sono persone, 200 ragazzi che per l’Italia non sono degni di nulla se non di mendicare, essere sfruttati, perché questo è il loro destino. Moltissimi hanno già dormito nelle stazioni di Trapani e Palermo, qualcuno ha avuto la possibilità di salire su un bus e proseguire il progetto migratorio che prevede altre tappe in cui si deve lasciare tutto dietro le spalle per non farsi riconoscere e non dare nell’occhio. Infatti, come ci spiega M. di 21 anni, incontrato presso la stazione di Trapani: “Dobbiamo dividerci. Oltre la scrematura che fa la polizia italiana che ci rilascia a gruppi, noi ci dividiamo ulteriormente e a volte camminiamo lontani gli uni dagli altri, altrimenti chiamano la polizia, perché la gente ha paura se 15 di noi camminano in mezzo alle vostre piazze. In coppia, al massimo in tre, non diamo nell’occhio e per questo lasciamo spesso anche le borse che ci danno nel centro, così siamo meno identificabili”. Invisibili, suggeriamo noi, e M. dice: “Proprio così. Dobbiamo esserlo se vogliamo continuare a non avere problemi, ci dobbiamo nascondere, ma che vita è vivere sempre nell’ombra?”
M. ha dormito sotto i portici della stazione di Palermo, dopo aver preso il treno da Trapani, sostenuto da alcuni volenterosi che hanno portato cibo e coperte per lui e altre 70 persone circa tra venerdì e sabato notte. Ma qualcuno forse ancor più disperato di M., o solo meno informato, ha preso la direzione sbagliata e ha camminato verso Palermo percorrendo l’autostrada a piedi, con il rischio altissimo di essere travolto dagli automobilisti, ignari che gli invisibili possano fare scelte simili. I più fortunati erano già organizzati con amici, si spera, che hanno dato dei passaggi verso altre città.
I marocchini sono arrivati vivi, e adesso affronteranno i muri che la politica ha innalzato, ma ci sono state altre vittime che sono sbarcate lo scorso weekend, tanti che non sono riusciti ad arrivare vivi, come i due piccoli fratellini di 5 e 8 anni, le cui salme sono sbarcate a Trapani nella giornata di domenica. Ma nessun giornale ha parlato dei bambini uccisi, nessun giornale ha raccontato che sono state respinte 200 persone, nessun giornale ha parlato di sbarchi a Lampedusa, Messina, Catania, Trapani e delle tante situazioni di esclusione che abbiamo purtroppo creato nelle nostre città per i migranti vecchi e nuovi.
Un sistema che non si accontenta di uccidere per mare, un sistema che spezza vite anche nelle città, e che imperterrito cerca nuovi modi per distruggere l’esistenza. Così la burocrazia diventa a volte un muro insormontabile, una strada che blocca ancor di più i migranti nei centri, come per esempio a Palermo, dove la questura ha deciso di ostacolare il ritiro del permesso di soggiorno umanitario chiedendo l’esibizione del passaporto. Un migrante che ha richiesto asilo e si vede riconosciuta la protezione umanitaria dopo due anni di attesa, alla questura di Palermo, al momento del ritiro, deve esibire il passaporto, altrimenti può restare posteggiato nel CAS o in un altro tipo di residenza forzata. Un palese abuso che rende ancor più amara l’attesa, fatta di false speranze che si infrangono contro una politica sorda.
Poi non ci meravigliamo se si uccidono nella completa esasperazione, o muoiono di freddo nella totale indifferenza in qualche casolare abbandonato, o se sono vittime di tratta. Oggi non sono solo le ragazzine nigeriane ad essere adescate, ma si registrano sempre più casi di giovani che per pochi euro si fanno sfruttare sessualmente. Anche questa potrebbe essere considerata istigazione al suicidio!
I centri di Palermo, e non solo, sono pieni oltre la loro capienza perché il ministero non fa i trasferimenti, e non ricevono i pagamenti da ben 8 mesi, mettendo in gravi difficoltà gli enti gestori. Di fronte questo stato di cose dobbiamo anche ascoltare politici che sbraitano contro i migranti che vivono in alberghi a 5 stelle, in cui chi si lamenta riceve la revoca dell’accoglienza, prassi sempre più utilizzata per limitare gli attacchi d’ira di gente che è sopraffatta da troppo tempo.
Adesso a Palermo, la città più accogliente d’Europa, si sta progettando un nuovo hotspot, per contenere le persone, identificarle e respingerle. Non meravigliamoci se la gente scappa dai CAS, non meravigliamoci se i minori fuggono dalle comunità, non meravigliamoci se i ragazzi si affidano nuovamente agli aguzzini da cui scappavano, perché il sistema emergenziale non regge più. Per non morire, l’unica soluzione è spesso continuare a scappare in cerca di qualcosa che noi non vogliamo condividere, la libertà, e per questo la morte è sempre dietro l’angolo, non solo in mare!
Alberto Biondo
Borderline Sicilia