L’accoglienza ad Agrigento, Trapani e Palermo, tra disorganizzazione, caos e abbandono
Il gioco al massacro non si ferma, l’Europa ha intrapreso un via senza uscita, la cui unica conseguenza è la morte di un’intera società. Il ritornello che sentiamo quotidianamente è “invasione” e “aiutiamoli a casa loro”, ritornello che ha contribuito a far ritornare i rigurgiti di un razzismo strisciante con episodi che si susseguono nelle nostre città, da Aosta a Palermo, come testimoniano le ultime proteste a Castell’Umberto e a Porto Empedocle.
La politica pensa soltanto al consenso elettorale e alla messa al bando delle ONG che salvano le persone in mare, tentando di strapparle agli aguzzini in Libia. Tentano perché ancora una volta il governo italiano cerca di intralciare il lavoro volontario e solidale, cercando prima di criminalizzare e poi di imporre un regolamento del tutto arbitrario, imponendo delle regole che vanno oltre il mandato delle organizzazioni che hanno evitato di far lievitare negli anni la carneficina in corso.
Carneficina confermata da tutte le organizzazioni umanitarie in campo, che nell’ultimo periodo hanno provato a dire qualcosa, sottolineando che questa politica riesce soltanto a creare destabilizzazione in aree già fortemente instabili e ad accrescere il numero di morti, che anche quest’anno tende a riscrivere un nuovo record, di cui tutti ci dovremmo vergognare.
Ribadiamo che c’è soltanto una via d’uscita per riscattarci: dare la possibilità alle persone di circolare liberamente, unica strada per fermare i trafficanti di uomini, che in questi giorni gioiscono nel leggere le decisioni che la vecchia cara Europa continua a prendere, facendo aumentare sempre di più i guadagni di mafie e criminali.
E mentre l’Italia e la Francia si affrettano a dare sempre più sostegno ai fantomatici padroni della Libia, cercando di accattivarsi amicizie per mantenere un’egemonia politica ed economica nell’area, i migranti sono sempre più vittime di abusi, violenze e torture, come evidenziano le ultime testimonianze di persone che riescono ad arrivare in Sicilia.
B., minorenne del Gambia, è stato arrestato perché accusato di essere uno scafista. Costretto a guidare il gommone dopo che altri tre ragazzi, compagni di sventura, sono stati uccisi con un colpo di pistola in testa a sangue freddo da quei trafficanti che invece restano impuniti.
Nel frattempo in Italia il ministro Minniti continua a chiedere posti per parcheggiare le persone che riescono a sopravvivere, ripetendo il meccanismo dell’accoglienza straordinaria che non ha mai funzionato. Il governo continua ad agire senza alcuna progettualità. Così ci sono situazioni paradossali in cui prefetture come quelle della Sicilia occidentale, per esempio, sono completamente intasate e abbandonate dal ministero, che continua a tenere i paraocchi e non permette di fare un lavoro quanto meno accettabile.
La provincia di Agrigento ha 1600 minori in accoglienza, più l’hotspot di Lampedusa, che non viene considerato nelle quote, e quindi è necessario fare un nuovo bando per trovare nuovi mille posti, con personale nelle prefetture che dire esiguo è un eufemismo. Nella provincia sud più di frontiera ci sono soltanto tre dirigenti che dovrebbero lavorare almeno il triplo: come si può pensare di fare accoglienza in questo modo?
L’hotspot di Lampedusa ha sempre funzionato male, da sempre deve essere ristrutturato, da sempre è in soprannumero. In questo periodo la situazione all’interno è caratterizzata da promiscuità e un numero crescente di tunisini che arrivano sull’isola con barchette di fortuna e non vengono o non vogliono essere intercettate dal muro navale. Cittadini tunisini che restano a lungo prima che il ministero autorizzi le prefetture ai trasferimenti (quando ci sono gli uomini di scorta a disposizione oppure quando ci sono i posti al CPR o in un aereo).
Inoltre in questo quadro normativo incerto e volutamente labile, le questure si muovono con molta facilità nell’attuare respingimenti collettivi. Gli ultimi in termini di tempo quelli avvenuti a Porto Empedocle con i quali più di 160 marocchini sono stati lasciati senza nessuna indicazione fuori dal porto, dormendo per strada abbandonati da tutto e da tutti.
A Trapani la prefettura ha soltanto un funzionario per monitorare la situazione, in un momento in cui tra sbarchi e hotspot, centri per minori e CAS, si dovrebbe monitorare un numero superiore a 3000 persone, nella provincia italiana che ha più centri in Italia e più migranti sfruttati in campagna da aprile a novembre.
Purtroppo da tanti anni a questa parte è una realtà nota a tutti, ma che tutti ignorano appositamente per poter continuare a “utilizzare i neri” per mantenere i prezzi delle multinazionali dei supermercati sempre più bassi. Sangue versato per la nostra spesa quotidiana, per un guadagno soltanto di pochi.
Un sistema in cui allo sfruttamento lavorativo si aggiunge quello sessuale: sono sempre più le segnalazioni di pulmini pieni di ragazze nigeriane (sempre più piccole) diretti nelle campagne. Due tipi di sfruttamento nello stesso territorio, sesso e agricoltura, soldi assicurati.
Al porto di Trapani, il 28 luglio, è arrivata la nave Vos Hestia di Save the Children, che ha sbarcato 13 salme (e 254 sopravvissuti). Tre corpi sono rimasti dispersi in mare. Tra i morti si contano 8 donne (di cui 2 in gravidanza) e 5 uomini. Questa ennesima strage lascerà orfani almeno 4 bambini (la più grande di 5 anni), che hanno visto uccisi entrambi i genitori. Bambini che si vanno a sommare alle tante, troppe vulnerabilità che nel nostro territorio sono abbandonate dalle istituzioni.
Anche a Palermo la situazione è gravissima: si devono trovare altri 1800 posti in accoglienza per gli adulti e dopo un mese dall’ultimo bando, la prefettura ne ha pubblicato un altro, in cui i soliti noti si sono presentati. Ovviamente in queste condizioni saranno sempre le stesse cooperative a cercare nuove strutture idonee ai requisiti richiesti dal bando. Ma per far questo c’è bisogno di tempo, e per questo motivo la prefettura ha aperto in emergenza CPA per adulti affidati d enti caritatevoli o istituzionali come le Caritas di Palermo e Monreale o la Croce Rossa.
Palermo che deve fare i conti anche con il problema dei neomaggiorenni presenti in numero notevole nei centri/comunità per minorenni, circa più di 250. Altro problema annoso è la mancata risposta del servizio centrale: i casi vulnerabili gravi restano nei CAS di Palermo e provincia (e non solo) per anni, nonostante le richieste fatte anche dalla prefettura, alle quali non viene neanche data risposta.
Per fortuna in molti continuano a dire no a questo sistema fallimentare e la riprova si è avuta nel weekend appena trascorso a Catania, durante il quale centinaia di attivisti si sono riuniti per tre giorni di protesta, flash mob e assemblee per dire a gran voce che questo non è il mondo che vogliamo e che la libertà e la giustizia sociale sono l’unica strada percorribile per uscire da questo tunnel.
A Catania si continua a coltivare la speranza. Noi eravamo presenti e vogliamo continuare ad essere e stare in strada con le persone che credono in un cambiamento, nonostante tutto.
Alberto Biondo
Borderline Sicilia Onlus