Alcamo e Campobello di Mazara: non si ferma lo sfruttamento nelle campagne siciliane
Qualche settimana dopo la nostra ultima visita a Campobello, siamo tornati a trovare i ragazzi che vivono nell’accampamento spontaneo ed informale di Erbe Bianche. La tendopoli è cresciuta moltissimo: più di 400 persone si sono già stanziate in attesa dell’imminente inizio della raccolta delle olive.
Siamo arrivati nel tardo pomeriggio e quasi tutti erano al campo. Molti portavano con sé bottiglie di plastica riempite d’acqua, che usano anche per pulire e lavarsi. Due anni fa il comune aveva messo una fontana per dare un minimo di vivibilità a questo posto. “Da due giorni non c’è acqua al nostro unico rubinetto, non c’è un’altra fonte qua fuori, questo è un grande problema!”, ci riferisce un ragazzo. “Ho tentato un’altra volta di affittare una casa qui a Campobello anche se sapevo che non aveva senso. O ti dicono subito che non c’è una casa libera o dicono che costa 500 euro al mese. La verità è che non ci vogliono affittare le loro case perché noi siamo neri”.
“Quando aprono il campo ‘Ciao Ousmane’?”, ci chiede un signore tunisino. “Io non posso stare qui, sono arrivato da pochi giorni e guardate come devo dormire!”. Ci mostra un sacco a pelo incastrato tra due baracchine. “Qua ho almeno un po’ di riparo ma fra poco sarà più freddo e diventerà molto più difficile. Non sapevo che Campobello era così. Se uno di noi si ammala per esempio come facciamo?”. Il signore è residente da più di ventisette anni in Italia e vive a Padova. Ci mostra tutti i suoi documenti, tra cui una patente rilasciata a Padova e una carta di soggiorno. “Mio figlio ogni giorno mi dice che vuole venire in Italia. Quando gli ho fatto vedere delle foto di come viviamo qua non ci voleva credere che questa è l’Italia. Quasi vorrei prendere le mie cose e tornare a Padova. Lì neanche i cani vivono in queste condizioni”. Il signore è un muratore. Da anni tenta di portare la sua famiglia in Italia ma le condizioni per il ricongiungimento imposte dalla legge sono sempre state un ostacolo insormontabile. “Devi fargli vedere gli estratti conto di tutto l’anno scorso e devi aver guadagnato una certa cifra. Poi vengono a casa tua a controllare col metro se la tua casa è abbastanza grande e corrisponde agli standard. Se mancano cinque centimetri ti dicono che è troppo piccola invece di dare più importanza al fatto che un figlio possa stare con suo padre!”. Questo signore è qui perché vuole finalmente tirare su i soldi che servono per far portare la sua famiglia in Italia. Ciò dimostra ancora una volta quanto siano vari i motivi per cui ognuno si trovi a Erbe Bianche in attesa della raccolta delle olive.
Un’altra testimonianza ci viene da M., un ragazzo senegalese che da due anni abita e lavora in Germania. Doveva tornare in Italia per il rinnovo del suo permesso di soggiorno. Sta aspettando da cinque mesi e non sa quando finirà l’attesa. Intanto il ragazzo deve mantenersi in qualche modo e ha sentito parlare di Campobello. “Sono rimasto scioccato da come siamo messi qua. Nessuno s’interessa di noi, l’unica cosa bella è che qua, all’interno del campo, siamo tutti uguali”.
“Entrate, entrate!”, T. ci mostra la sua casa. È una vera e propria casetta quella che questo ragazzo è riuscito a costruirsi in meno di due giorni. Tappeti e grandi panni colorati rendono accogliente, quasi elegante, la stanza. Oltre a due letti c’è uno scaffale, uno specchio, un armadietto piccolo e qualche altro arredo. “Anche se aprono fra qualche settimana il campo, all’ex-oleificio io non ci vado. Non avrebbe senso, lì devo campare per terra sull’asfalto in una tenda misera che devo portarmi io. Qua ho una bella casa”, spiega T. e ci sorride.
Purtroppo ad oggi la situazione dei tantissimi che arriveranno non è chiara, perché anche per il 2017, ben 15 anni dopo la prima raccolta fatta dai migranti “invisibili”, non c’è ancora un piano per accogliere chi lavora per il nostro benessere, per il nostro olio, per la nostra alimentazione.
Le associazioni continuano a spingere le istituzioni per trovare una soluzione, ma ad oggi, a pochi giorni dall’inizio della raccolta, l’idea è quella di mettere a disposizione di 250 persone lo spazio esterno dell’ex oleificio (al cui interno oggi c’è uno sprar).
Continuiamo a chiedere, senza avere una risposta, quale possa essere la sistemazione per le altre, almeno 1000, persone che arriveranno in questa zona d’ombra, dove chi sarà capace di trovare una tenda o un caseggiato abbandonato e sarà capace di arrangiarsi potrà essere sfruttato da questo o quel proprietario di alberi di olive, che continua a gioire per una politica che permette lo sfruttamento di tantissimi invisibili.
Purtroppo anche per quest’anno dobbiamo aspettarci la contrapposizione tra i ragazzi (sia adulti che minori) dei centri che sono sul territorio, che si accontenteranno di un prezzo più basso, visto che hanno la possibilità di mangiare nei centri, mentre per chi viene da Padova o da altre zone, la cifra deve essere senz’altro più alta, e si vedranno negare la possibilità di lavorare. Inoltre sul territorio confermiamo la presenza di tantissime ragazze, soprattutto nigeriane, che frequentano le strade limitrofe ai campi per la gioia degli sfruttatori che le hanno dirottate in una zona in cui in questo periodo la richiesta aumenta.
A Campobello le persone arrivano anche da Alcamo, perché nel periodo che va da metà agosto a fine settembre c’è la vendemmia. Per molti lavoratori che incontriamo a Campobello questa è una delle tappe sulla loro rotta di migrazione lavorativa. Siccome anche ad Alcamo c’è il problema che nessuno dei datori di lavoro considera necessario osservare la legge garantendo l’alloggio ai suoi lavoratori, il comune ha dato a disposizione una palestra per accogliere i ragazzi. Lì la sera possono mangiare e farsi la doccia gratuitamente. Chi poi vuole pernottare nella palestra, mettendo il proprio sacco a pelo su uno dei materassini da ginnastica deve pagare due euro per notte ed essere in possesso di un permesso di soggiorno e un contratto di lavoro valido. Ovviamente queste condizioni escludono già una parte dei lavoratori. “Ma tu credi che ad Alcamo ti danno il contratto di lavoro più spesso che qua a Campobello?”, chiede un ragazzo che incontriamo a Erbe Bianche, mentre sorride amaramente. La gestione della palestra è stata affidata alla cooperativa sociale Badia Grande, ma altre associazioni come la Croce Rossa, Caritas e ANPAS sono partner del progetto. I soldi raccolti dai lavoratori vanno all’ente gestore e in parte alle associazioni invece di essere investite in un miglioramento dell’accoglienza.
La palestra è molto lontana da dove i datori di lavoro “raccolgono” gli schiavi, chi pernotta lì deve alzarsi prestissimo. In tutta la stagione solo circa 55 persone hanno deciso di dormire nella palestra. E gli altri? Quelli senza documenti o senza contratto? O semplicemente senza due euro da spendere ogni giorno? Anche per quest’anno come negli anni scorsi hanno dormito nelle piazze di Alcamo sotto i cartoni per ripararsi dal freddo della notte.
Si tratta di persone utilissime alle nostre tasche, in quanto ci permettono di pagare l’olio a cifre abbordabili, altrimenti il mercato vedrebbe schizzare i prezzi, ma per fortuna ci sono i migranti “invisibili”.
B., un ragazzo gambiano, ci saluta con una tristezza dipinta del viso: “Questa è un’altra tappa, poi andrò in Puglia, se riuscirò a sopravvivere, e anno dopo anno è sempre peggio perché divento più grande e la resistenza a queste condizioni peggiora, ma non ho altre possibilità”. E ci accompagna alla macchina sottolineando chiaramente e ancora una volta: “Non ci abbandonate anche voi, raccontate che questa vergogna va avanti da troppo tempo.”
Verena Walther
Borderline Sicilia Onlus