Ai nostri politici piace l’emergenza
Con lo sbarco dell’altro ieri a Trapani, abbiamo la conferma che le cose si scrivono ma per l’emergenza non si fanno, e si continuano ad aprire centri senza seguire le regole.
Anche se dal primo luglio, a seguito delle circolari del Ministero dell’interno (n. 7418 del 20 giugno 2014 e n. 5484 del 27 giugno), si dovrebbero aprire i CAS solo dopo aver partecipato ad un bando di gara e non per affidamento diretto, a Trapani come in altre città, le prefetture non sono pronte ad attuare la disposizione del ministero e quindi si continua con il vecchio metodo ormai collaudato.
Si prende un bed & breakfast, un albergo, un resort e si piazzano un centinaio di persone; se siamo fortunati vanno via così abbiamo altro spazio per i prossimi sbarchi, mentre se siamo sfortunati dobbiamo solo dare da mangiare e dobbiamo trovare un posto per dormire, non importa se stipati dentro dei saloni o in luoghi inadatti. Per le procedure di richiesta asilo e tutto il resto ci sarà tempo.
E così, nonostante già l’altissimo numero di persone presenti a Trapani, (che aveva portato il Prefetto qualche giorno fa a dichiarare che non sarebbero state aperte più strutture), la Prefettura ha comunque deciso di aprire altri due centri, e attuare il turnover al CARA di Salinagrande, oltre ovviamente a sovraffollare le altre 30 strutture già convenzionate, per far spazio alle 600 persone. Tutto ciò non farà che ampliare i problemi: gli operatori improvvisati combineranno i soliti pasticci e gli enti gestori cercheranno di fare più spazio nei centri per fare sempre più cassa.
Il destino di queste migliaia di persone è appeso ad un filo, tra il mare, la non accoglienza, le difficoltà burocratiche e le lentezze, nella speranza che possano trovare qualche operatore di buona volontà che si sforzi, nonostante le difficoltà, di evitare che le persone finiscano nella rete dei trafficanti, che oggi ancor più di ieri, con l’attuale situazione, si stanno arricchendo e la cui rete è sempre più organizzata e forte, grazie ad una politica che li agevola.
Ma la buona volontà spesso non basta, ed emblematico è il caso di Palermo, dove stanno emergendo i primi nodi, viste le notevoli difficoltà che incontrano i migranti in una città che pensava di essere pronta, e che invece si sta dimostrando incapace di rispondere alle richieste di “aiuto” che arrivano.
La prima crepa è l’accoglienza, che viene fatta in una ventina di strutture (da Piana degli Albanesi a Geraci, da Isnello a Partinico e Borgetto, da Santa Flavia a Palazzo Adriano) in cui le persone vengono affidate ad alcuni volontari (nella maggior parte dei casi si tratta di centri Caritas), senza una convenzione, come viene fatto con i CAS. Si tratta di strutture del mondo del volontariato, che accolgono nell’assoluta emergenza per non far rimanere per strada le persone, ma che poi si ritrovano a dover gestire l’emergenza per tempi più lunghi. E così succede che tutto viene affidato a volontari che in molti casi, non conoscono la legislazione e quindi non possono dare indicazioni in merito alla normativa e alla procedura d’asilo, volontari che spesso accompagnano nelle strutture ospedaliere e ambulatoriali le persone e le affidano agli infermieri perchè devono correre in altri luoghi per altre persone, con la conseguenza che spesso non si riescono a fare le terapie perchè il medico non ha avuto modo di capire la patologia o il problema per difficoltà di comunicazione.
Strutture inadeguate, pensate per l’accoglienza di pochi giorni, ma nelle quali, invece, per le problematiche legate alla mancanza di posti, la permanenza si prolunga a tempo indeterminato, con la conseguenza di bivacchi in stanzoni senza aria condizionata, in totale promiscuità, con bambini, famiglie, uomini che si dividono pochi metri quadrati e uno o due bagni per una media di 50 persone.
No questa non è accoglienza, lo continuiamo a scrivere da tempo!
La conseguenza è che i migranti scappano e si affidano ai trafficanti, o che protestano e per punizione vengono spostati in altri centri, magari sempre dello stesso ente gestore che usa le persone come gli scacchi: solitamente si prende il capo rivolta e lo si sposta in un altro centro, a volte viene sospeso il pocket money per punizione e viene ricordato al resto del gruppo che l’unico modo per poter ottenere qualcosa è seguire il sistema.
La conseguenza è che ci sono medici che hanno un comportamento discriminatorio, in quanto si rifiutano di eseguire esami o visite per non mettere a repentaglio il proprio studio o la propria salute e questo accade specialemente in provincia, mentre a Palermo ci sono casi di noncuranza con esami che si perdono e pazienti che vengono lasciati per ore e ore senza nessuna spiegazione, tanto sono neri!
La conseguenza più grave è che le istituzioni che in un primo momento collaboravano con le associazioni, adesso si sono chiuse a riccio, o perchè oberate di lavoro o semplicemente perchè vogliono cercare di mettere la polvere sotto il tappeto e nascondere le procedure non corrette.
La conseguenza è che la questura di Palermo non riesce a rinnovare (o non vuole farlo) i permessi di soggiorno per richiesta asilo e in attesa di risposta dalla commissione, attesa come sempre molto lunga, con la conseguenza che i migranti rischiano di perdere alcuni diritti, come per esempio l’iscrizione al SSN.
Quando le problematiche sono tante l’unica soluzione è la chiusura: la poca trasparenza fa sì che il sistema diventi ancor più impenetrabile e le speranze delle persone che arrivano dal mare, di avere una vita diversa, si affievoliscono sempre di più.
Purtroppo la modalità non cambia e anche nello sbarco di ieri le persone sono state trasferite in centri, o per essere più precisi, dormitori della Caritas (non si conosce bene l’entità del rimborso che la Prefettura paga alla Caritas di Palermo visto che non c’è una convenzione come per i CAS). I CAS sono allo stremo e ricevono ancora persone (altri soldi) senza che cambino o aumentino i mediatori; anzi ci sono operatori-coordinatori che girano tre-quattro centri con la conseguenza di non conoscere bene le problematiche dei centri stessi.
Nella giornata di oggi molti migranti sono stati accompagnati nei vari ospedali di Palermo e lasciati in mano ai medici più o meno attenti, anche i minori vengono lasciati soli (il volontario a ora di pranzo deve tornare a casa a mangiare).
In tutto questo non dimentichiamo che al comune di Palermo stanno “scoppiando” perchè le assistenti sociali che lavorano con passione e attenzione non riescono più a sopportare la mole di lavoro per le tutele dei minori non accompagnati; i tempi sono lunghissimi e nessuno ancora abbozza un piano per supportare le assistenti sociali, magari come si fa in altre città in cui il tutore è un avvocato per esempio. Palermo pensava di essere pronta, invece anche a Palermo c’è la magica storia dell’EMERGENZA, e quindi si può fare di tutto sulla pelle dei migranti.
Redazione Borderline Sicilia