Chiara era a Morghella…..
Spiaggia di Morghella a Pachino, provincia di Siracusa. Il cielo è coperto e il mare si agita spinto dal vento. A pochi metri dalla costa un barcone ondeggia senza sosta. Ancora profughi, è il turno di 160 siriani che si affidano inermi ai soccorsi della capitaneria di Porto. Le onde si gonfiano e i bagnanti abbandonano con urgenza i teli da mare per tuffarsi in aiuto: un catena umana sbarca sulla spiaggia i profughi attoniti, molte le donne e i bambini, tutti provati da 15 giorni di navigazione in condizioni difficili da immaginare per chi accoglie questi racconti disperati.
Due di loro hanno viaggiato sulla sedie a rotelle, servirebbe un’ambulanza ma la guardia di finanza sembra avere un diverso ordine di priorità, troppo impegnata a distribuire guanti a mascherine ai civili intenti a risolvere l’urgenza; che con insistenza chiedono, e ottengono, una chiamata al 118. Parte così un’avvincente gara di solidarietà che mette in moto le forze di chiunque avesse qualcosa da dare: chi si è spogliato dei propri vestiti, chi li ha portati dalle vicine case di villeggiatura, chi ha montato una tenda perché questa gente potesse cambiarsi al riparo da sguardi indiscreti, chi arrivava con cibo e bevande. Alcune ragazze dotate di spiccato senso pratico, chiedono alle donne se hanno bisogno di assorbenti. Difficile all’inizio spiegarsi, nonostante molti di loro parlano inglese, poi una marca molto diffusa del prodotto toglie tutti dall’imbarazzo: le donne sorridono e ringraziano.
Inizia così l’avventura Italiana di Aziza,
Masjat e delle loro famiglie che non si limitano a dispensare sorrisi di gratitudine a chi li ha accolti ma si
preoccupano di ricambiare: trovata una busta di plastica si piegano sulla spiaggia,
incuranti della stanchezza di questo viaggio massacrante, per ripulirla degli
abiti e bagnati e della frutta rimasta
Arriva
un pulmino della protezione civile e pochi alla volta li trasferisce al
“Palmento Rudinì” di Marzamemi. Viene spontaneo pensare ad una notte di disagi,
giacigli di fortuna sul pavimento e senza bagni dove lavarsi, al loro risveglio
immersi in una macchina burocratica dove le persone finiscono di essere persone
e diventano numeri.
Ma poi
il posto doveva essere sgomberato per permettere di celebrare – ironia della sorte
– un gemellaggio con Toronto sull’immigrazione Si ignora ancora dove siano
stati trasferiti, se chi è in ospedale sia rimasto in contatto con i familiari,
cosa si stia facendo per i due disabili per cui maggiore è la vulnerabilità.
Molti di loro hanno parenti in Svezia,
Svizzera e Germania, quello che chiedono è di ricongiungersi con i propri
familiari.
TESTIMONIANZA DELLE NOSTRA AMICA CHIARA