Sbarchi e fotosegnalamento, “procedure prevalgono su esigenze umanitarie”
Sbarchi sempre più lunghi che accrescono la fatica e lo stress dei migranti e sottraggono tempo ad altre operazioni di salvataggio. La denuncia di Medici senza frontiere: problema di sistema, favorire uno sbarco molto più rapido.
PALERMO – Sbarchi sempre più lunghi che accrescono la fatica e lo stress dei migranti. E’ questo il risultato delle procedure di fotosegnalamento in molti porti siciliani dove, a fronte di hotspot già saturi, i migranti vengono accompagnati in gruppi in questura, raddoppiando se non triplicando il tempo di permanenza in nave. La denuncia arriva da Medici senza frontiere. A Palermo ieri sono arrivati alle 7 del mattino 1020 migranti a bordo della nave Bourbon Argos dell’organizzazione, tutti di origine sub-sahariana, in prevalenza uomini (161 donne e 15 minori). Circa 200 hanno trascorso la notte in nave, hanno dormito all’aperto sotto un gazebo riparato e saranno identificati questa mattina.
“Come organizzazione umanitaria – afferma Giorgia Girometti di Msf – segnaliamo con grande preoccupazione che in questi giorni a Palermo ma anche in altre città siciliane le procedure di fotosegnalamento prevalgono sulle esigenze umanitarie. Poiché gli hotspot sono già saturi, questa lunga procedura viene fatta dalle questure con piccoli gruppi di 50 migranti alla volta. Tutto questo rallenta notevolmente lo sbarco, che per 1000 migranti nel caso di Palermo sta durando un giorno e mezzo. Questo non è un problema delle Prefetture ma è sicuramente un problema di sistema che non condividiamo soprattutto perché stanca e stressa i migranti già duramente provati dalla traversata in mare”.
“In una nave sovraccarica, che rispetto alla capienza ordinaria di 600 persone ne ha 1000, gli interventi al porto dovrebbero essere decisamente più veloci per il benessere dei migranti. Abbiamo persone che hanno ricevuto a bordo della nostra nave una prima assistenza medica – dice ancora l’operatrice di Msf – ma sono in una situazione di fragilità fisica e psicologica, per la quale si dovrebbe favorire uno sbarco molto più rapido. Si tratta di persone che non vedono l’ora di scendere perché sono molto affaticate e in più dopo tante ore di attesa bisogna cercare di farle stare tranquille e serene. Dopo tante ore in nave avrebbero diritto di ricevere un’accoglienza e un’assistenza che non deve essere certo bloccata dal sistema dei foto-segnalamenti. Un altro aspetto altrettanto grave è che, per noi, rimanere al porto con i migranti per 48 ore, vuol dire che ripartiremo dopo almeno altre 12 ore necessarie a risistemare la nave. Tutto ciò sottrae tempo ad altre possibili operazioni di salvataggio che potremmo fare nel Mediterraneo. Prendiamo dunque le distanze davanti ad un modello organizzativo che riteniamo inaccettabile proprio per le pesanti conseguenze pratiche che comporta”.