Quell’accoglienza per minori chiamata INFERNO
La sensazione che viviamo in Sicilia è di totale sconforto rispetto alle pratiche messe in campo dalle istituzioni, da chi dovrebbe tutelare tutte le persone, ed in particolare i minori, in osservanza delle normative nazionali ed internazionali.
Momenti della protesta dei minori a Salemi – Ph. Alberto Biondo
Non passa giorno che non riceviamo decine di chiamate di aiuto da parte di ragazzini che si trovano abbandonati e spesso maltrattati, soprattutto a livello psicologico. A causa delle condizioni con cui vengono “accolti” questi minori, vittime in primo luogo di un totale disinteresse, arrivano a considerare loro stessi persone non meritevoli di aiuto o di attenzione, vivendo uno svilimento e una svalutazione che facilmente li può accompagnare nelle mani di sfruttatori.
Questo intollerabile sistema di accoglienza all’italiana continua a risentire della carenza cronica di tutori ma anche di mediatori linguistico-culturali, del sostegno psicologico che possa alleviare le sofferenze durante l’interminabile periodo di attesa della definizione degli iter burocratici per ottenere un titolo di soggiorno, e soprattutto della mancanza di attività organizzate in un progetto/percorso di sostegno che renda accettabile la permanenza per lunghissimi mesi all’interno delle strutture di primo e secondo livello (comunità alloggio e centri sprar). Troppo spesso abbiamo sentito parlare di “inferno” senza fine nei racconti della loro permanenza dentro i vari centri.
Nei giorni scorsi ci siamo recati nel trapanese in risposta alle segnalazioni dei ragazzi. A Salemi abbiamo trovato le comunità gestite dalla cooperativa Esopo che da tempo si occupa di minori migranti. Dal 2013 la cooperativa gestisce una comunità, Il Gabbiano, alle quali se ne sono aggiunte due, Il Faro e L’Albatros, con situazioni molto complicate, specialmente nella prima. All’interno della comunità Il Faro la situazione sembra essere sfuggita di mano all’amministrazione. Gli ospiti della struttura hanno protestato con vigore e hanno preso possesso della struttura per 4 giorni, fino a quando Bordeline Sicilia è stata chiamata a mediare (autorizzati dai responsabili) con i ragazzini riuscendo a far ritornare all’apparente normalità.
Le lamentele sono sempre le solite, alle quali si sommano quelle di minori particolarmente sfortunati come M, per esempio, che lamenta abusi da parte del tribunale di Marsala che avrebbe avviato una insolita procedura che di fatto ha lasciato il minore senza tutela. Chi ne paga le conseguenza sono sempre i migranti, rimasti senza tutori, alla soglia dei 18 anni, col risultato di rischiare di essere messi per strada il giorno del compimento della maggiore età senza che sia stato avviato nel loro interesse alcun percorso di inserimento socio-lavorativo o sia stato previsto l’inserimento in una struttura per adulti. M. protesta vivacemente e non ha più fiducia negli operatori, che vede come nemici.
Ma le storie di ragazzi sfortunati nella sfortuna sono numerose: J. e S. provengono dal famoso centro emergenziale di Palermo, in via Monfenera, definito da tutti (dagli ospiti e dagli operatori che resistono a lavorare soltanto per poche settimane) un inferno, in cui sono ammassati più di 270 minori. Si tratta di 6 piani di un vecchio albergo, in cui un operatore, senza alcuna esperienza ed in assenza di strumenti di comunicazione (mediatori), ha la responsabilità di ciascun piano. Lì vige la regola del più forte. Non c’è un comodino per posare i propri beni, così tutto deve essere sistematicamente ed accuratamente conservato, altrimenti i furti, che si susseguono costantemente, “possono colpire anche te”. Un centro che sebbene sia attenzionato da Save the Children, è teatro di continui “maltrattamenti psicologici”subiti da molti ospiti. E quando, dopo mesi passati a sopravvivere in via Monfenea, vieni trasferito in un centro più piccolo in cui scopri che devi aspettare ancora mesi e mesi per l’assegnazione del tutore, la reazione è violenta, oppure di depressione e chiusura in se stessi. Sia nell’uno che nell’altro caso un sostegno psicologico sarebbe opportuno oltreché necessario, ma troppo spesso manca anche questo.
Per non parlare del fatto che gli stessi operatori avrebbero bisogno anche di un supporto visto che spesso è difficile accettare che, nonostante gli sforzi e l’impegno, i ragazzi si rivoltino contro di loro. Tanta frustrazione ed impegno da una parte e tanta disperazione e rabbia dall’altra: così ci si sente abbandonati sia da una parte (gli operatori si dicono vittime di uno Stato che abbandona le gestioni) che dall’altra (gli ospiti sono vittime di un sistema che li rende schiavi e invisibili).
Anche a Salemi, come in tanti altri centri, i neomaggiorenni dovrebbero essere trasferiti in centri per adulti, ma né la Prefettura ne il Servizio centrale risponderebbe alle richieste dell’ente gestore, che si trova in una situazione spiacevole: dovrebbe mettere alla porta il neo maggiorenne anche dopo anni di permanenza in comunità, in quanto lo Stato non eroga più contributi per i neomaggiorenni, anche se in affidamento prolungato. Ma l’ente gestore del centro di Salemi ha deciso di continuare ad accogliere i neomaggiorenni (in assenza di soluzioni alternative), a spese proprie, escludendo la possibilità di metterlo per strada come fanno tante altre strutture siciliane (la maggior parte), rinunciando ad erogargli il pocket money. Anche in questo caso difficilmente il neo maggiorenne comprende la situazione, essendo complicato spiegargli come dopo tutto questo tempo lo Stato non abbia alcuna risposta a questa situazione stagnante.
Ma la storia continua con 23 ragazzini ospiti della comunità per minori di Palermo (in via Marinuzzi e in via juvara) gestita dalla cooperativa Porta felice, messi alla porta (o meglio davanti alla porta del Comune) dopo essere stata costretta a chiudere a causa delle difficoltà economiche date da più di un anno di ritardi nei pagamenti delle diarie. A sua volta, il Comune, non avendo soluzioni, ha portato i minori nel centro/contenitore di via monfenera. Un fatto gravissimo: ai 23 ragazzi il destino ha riservato la brutta sorpresa di “tornare all’inferno”.
Storie dell’orrore dalle quali l’unica via è la fuga. Fuga di massa come quella avvenuta due giorni fa dal centro di prima accoglienza emergenziale di Monreale, in cui, in una struttura fatiscente della Caritas, la prefettura -visto che il comune di Palermo non ha posti disponibili, in assenza di strutturare adeguate – ha deciso di collocare 70 minori, quasi tutti eritrei, affidandoli alle cure della Croce Rossa, che nonostante la buona volontà sembra non avere specifiche ed adeguate competenze. Tutti e 70 i minori si sono dileguati fra la stazione centrale di Palermo e le vie limitrofe per avventurarsi verso altre destinazioni, nella speranza che pochi vengano intercettati dai trafficanti. Soltanto 10 ragazzi sono stati recuperati dalle forze dell’ordine e riaffidati alla Croce rossa. Nella medesima struttura da più di un mese sono presenti 8 ragazzine nigeriane, che nonostante la loro particolare condizione di vulnerabilità si trovano in una situazione di totale abbandono istituzionale.
Infine si segnala l’allontanamento di 8 minori somali anche dall’altra struttura emergenziale della Caritas di Palermo, all’interno della quale da tempo è presente un bambino di 8 anni, che in un centro come quello non ci dovrebbe mettere piede neanche per un giorno.
Un sistema che fa il gioco di chi vuole speculare sulle persone e sui minori che lascia i minori soli ed abbandonati, facile preda per chi vuole sfruttarli. E’ così che da Palermo a Trapani, ad Agrigento, fino a Catania, le stazioni e i giardini delle città siciliane sono pieni di minori non accompagnati che continuiamo a maltrattare e ad ignorare. E per loro questo è l’INFERNO.
Alberto Biondo
Borderline Sicilia Onlus