La prova di un respingimento illegittimo dal porto di Palermo, poi annullato dal giudice di pace
Ancora una voltalaveraemergenzaimmigrazione
si è concretizzatanellaviolazionereiterata, da parte delle autorità amministrative,dellenormebasilariinmateriadi respingimento,
espulsioneetrattenimentoamministrativo
dei migranti.
Nel mese di luglio del 2012, presso il porto di Palermo, si
verificava un grave caso di trattenimento arbitrario per cinque giorni a bordo
di una nave passeggeri battente bandiera italiana proveniente da Tunisi, la
ZEUS PALACE, in vista della successiva
riammissione in patria.
Il cittadino tunisino Mehdi A.,destinatario di un provvedimento di
rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, si era recato nel proprio
paese di origine con la sola ricevuta rilasciata quasi un anno prima al momento
della presentazione della pratica per il rinnovo del permesso di soggiorno. Al
suo arrivo nel porto di Palermo, a Mhedi veniva notificato un provvedimento di
respingimento alla frontiera (ex art. 10 comma 1 del T.U. 286 del 1998), perché
ritenuto privo di un visto o di un valido permesso di soggiorno. Eppure Mehdi
risultava coniugato con una donna in avanzato stato di gravidanza che lo attendeva
a Mazara del Vallo, ed era da tempo regolarmente residente, con una figlia di
pochi mesi, in Sicilia.
Il respingimento immediato in realtà si traduceva in una
limitazione sostanziale della libertà personale per cinque giorni, in contrasto
con l’art. 19 del testo Unico sull’immigrazione che vieta i respingimenti delle
donne in stato di gravidanza e, nella interpretazione dei giudici, anche dei
loro mariti. Mhedi è peraltro genitore di una minore straniera regolarmente residente
in Italia con la madre e, anche per questaragione, non avrebbe dovuto essere
respinto, in base al principio dell’unità familiare affermato dall’art. 8 della
Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo.
Il caso di questo cittadino tunisino illegittimamente
respinto dalla questura di Palermo nel mese di luglio del 2012, ha riguardato una
persona che, a causa della morte improvvisa del padre, era dovuta rientrare nel
suo paese con la sola ricevuta della pratica di rinnovo del permesso di
soggiorno. Mentre si trovava in Tunisia a Mehdiera stato negato il rinnovo del
permesso di soggiorno per lavoro da parte della questura di Trapani per il
mancato riconoscimento dei requisiti di reddito (insufficienza dei mezzi di
sussistenza)e “ per la non
comprovata residenza” (!).A
seguito dell’allontanamento del marito, la moglie ha perso il nascituro ed è
rimasta sola con una bambina piccolissima. In questo caso particolarmente grave
è stato possibile acquisire tutti i provvedimenti emessi dalla questura di
Trapanie successivamente
dalla questura di Palermo, riuscendo a proporre un ricorso tempestivo contro il
decreto di respingimento.
Con provvedimento del 3 agosto 2012 l’’adito Giudice di
pace di Palermo, ha annullato il decreto di respingimento del questore di
Palermo emesso il primo luglio 2012. Un respingimento deciso al momento
dell’arrivo della nave da Tunisi a Palermo, al quale era seguito l’illegittimo
trattenimento dell’immigratoa
bordo della nave, il quale era stato “ affidato al comandante” su ordine delle
autorità di polizia (ai sensi dell’art.10 comma 3 del T.U. sull’immigrazione
n.286 del 1998). Per cinque lunghi giorni, Mehdi è rimasto a bordo dello stesso
traghetto in rotta verso altri porti italiani, prima di fare ritorno in
Tunisia.
Nelle motivazioni il giudice ricorda che l’inespellibilità
della moglie in stato di gravidanza si estende anche al marito (come affermato
dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.367 del 2000). Questo principio
ormai consolidato non è stato tenuto in
considerazione dagli uffici di polizia che hanno adottato ed eseguito il
provvedimento di respingimento immediato in frontiera, malgrado Mehdi
reclamasse i suoi diritti e la condizione di gravidanza della moglie.
Adesso dovrà procedersi davanti al Tribunale amministrativo
per l’annullamento del provvedimento di espulsione, sulla base della carenza
dei presupposti di legittimità, al fine di ottenere un visto di ingresso per il
ritorno di Mehdi in Italia. Dovranno essere risarciti i danni morali e
patrimoniali. E se non si farà giustizia
in Italia, una volta esauriti i mezzi di ricorso interni, Mehdi potrà
presentare un ricorso contro l’Italia alla Corte di Strasburgo, per la lesione
del diritto all’unità familiare riconosciuto dall’art.8 della CEDU (Convenzione
europea del diritti dell’uomo).
Dopo l’attenuazione degli sbarchi e degli arrivi dai paesi
del Nord Africa, il dato che colpisce maggiormente, con l’aggravarsi della
crisi economica, è costituito dal rilevante numero di immigrati già regolari da
anni, che perdono con il lavoro anche il diritto a soggiornare in Italia, come
effetto del legame perverso tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno. Un
problema che è stato avvertito, ma non certo risolto, dall’attuale governo in
carica, che ha modificato la normativa previgente ed ha prolungato da sei a
dodici mesi la validità dei permessi di soggiorno per attesa occupazione. Ma
queste modeste aperture legislative continuano a scontrarsi con le prassi delle
autorità di polizia che continuano a negare il riconoscimento dei diritti
fondamentali dei migranti anche nell’espletamento di quelle pratiche che, come
il rinnovo dei permessi di soggiorno per lavoro, dovrebbero costituire la
normale amministrazione.
Fulvio Vassallo Paleologo
Università di Palermo