La consapevolezza dei propri diritti e la maturità di azione: la denuncia delle condizioni di accoglienza dei minori a Palermo
Lo scorso 17 settembre un gruppo di circa
16 minori, ospiti del centro Kaleidos di Palermo ha consegnato una lettera di
protesta presso un comando di Polizia con l’intento di manifestare il loro
scontento sulla “accoglienza” finora ricevuta:
“We are
here today to show our unhappiness in our emergency camp. We arrived in Palermo on the 19th of
June 2014. We are 42 in
number staying in a apartement of 7 rooms and 3 toilets.
After
reading the laws of Italy
and right resident conditions for the foreign minors who entered in Italy
illegally, we understood that the first priority is Education.
As part of
the resident conditions it says that all foreign children, also without valid
resident permit, are entitled to attend any kind of school level. (We are not
happy because we are not going to school).
The minors
also have right to health care. We are not happy because we don’t have proper
health care at our emergency camp and also we don’t eat good food neither drink
good water.
And
finally; the Italian laws says that all unaccompanied minors are entitled to granted
residential permits as minors under the age of 18years. (We are not happy
because, our guardian says that she cannot provide us any document in our camp,
while other minors are having their documents).
We are
here today to let you know about our situation in our camp, we want you to
transfer us from that house, beis happy in that house. She use to threaten us
anytime we complained about food, health, our documents, living conditions and
pocket money.
(The last
time she opened the door and ask us to leave the house).
Thank you”
Abbiamo incontrato i ragazzi che ci
hanno raccontato che la maggior parte di loro sono arrivati a Palermo 2/3 mesi
fa, ma vi è chi è in Italia da ben 6 mesi. Nessuno di loro ha un permesso di
soggiorno, né una richiesta di asilo formalizzata.
I ragazzi non hanno mai avuto accesso
ad una qualsiasi forma di istruzione, eccezion fatta per un paio d’ore di lezione
di italiano effettuate presso lo stesso centro la scorsa settimana, circostanza
(l’unica) confermata da un operatore della struttura.
Stufi di passare le loro giornate tra
il condominio in cui vivono e il lungo mare, hanno perso la pazienza anche
rispetto alle precarie condizioni di vita. Mi spiegano che al principio erano
disposti ad accontentarsi: accettavano di vivere in stanze con 6 o 11 letti, di
dover condividere 3 bagni in 42, di mangiare a cena del cibo portato alla
mattina insieme al pranzo, di dover comprare l’acqua minerale con i soldi del
pocket money.
Ormai è settembre, la scuola è
ricominciata per tutti tranne che per loro. Si sono informati in merito alle leggi
italiane inerenti ai minori e hanno capito che l’istruzione è un loro diritto.
Hanno perciò deciso di indirizzare le loro rivendicazioni alla polizia. Di
fronte a tale dimostrazione di scontento la polizia ha invitato i ragazzi a
presentarsi l’indomani all’Ufficio Immigrazione per ricevere risposta. Lo
scorso 18 settembre è stato loro spiegato che non ci sono fondi adeguati, che ci
sono troppe persone che arrivano in Sicilia, che bisogna aspettare che Roma
accolga la richiesta di finanziamento o trasferimento che, a detta anche della
responsabile del centro (che abbiamo raggiunto al telefono) sarebbe stata
inviata da tempo. In sostanza, ci conferma la responsabile, o il ministero dà l’ok
economico per attivare una convenzione con la struttura o deve provvedere al
loro trasferimento presso centri ufficiali dedicati alla minore età.
Ma al di là delle giustificazioni e
delle speranze relative al futuro, restano i fatti.
Poco importa se i fondi sono carenti
e se le richieste sono troppo numerose, non è accettabile che dei minori non
accompagnati siano in Italia da mesi e siano ancora tutti senza un tutore. Il
problema sarebbe di da attribuire al numero eccessivo di richieste di tutele
agli uffici del comune di Palermo. I ragazzini sono così lasciati in un limbo
di cui non vedono fine. Uno dei ragazzi è in Italia da sei mesi durante i quali
è già stato trasferito 4 volte: da Agrigento a Pozzallo, da Pozzallo a Messina,
da Messina a Isnello, da Isnello a Palermo.
Il centro Kaleidos, gestito dall’associazione No
Colors non ha dunque alcuna convenzione con al prefettura. L’associazione, nota
nel palermitano come gestore di alcuni progetti di integrazione delle seconde
generazioni, ha ricevuto, sulla fiducia, in affidamento una quarantina di
ragazzini. Purtroppo l’associazione No Colors sta dimostrando di non essere in
grado di raccogliere la nuova sfida.
Le criticità riscontrate al Kaleidos ricordano fin
troppo bene la prassi della maggior parte degli enti gestori che si situano
nell’orbita del consorzio Sol.Co. Orbita in cui, per l’appunto, No Colors gravita,
ma le responsabilità a monte sarebbero della prefettura e del comune che
permettono l’affidamento di fatto di minori ad un ente privo di convenzione, in
assenza di fondi che permettano all’ente gestore l’erogazione dei servizi e la
loro continuità nel tempo.
Come riferiscono i ragazzi,
il pocket money, che ammontava a 15 euro ogni 10 giorni, ormai non arriva più da
oltre due settimane. Inoltre, il benessere nonché la salute, sia fisica che
psicologica, dei minori sembra preoccupare ben poco gli operatori del centro.
Un ragazzino ci racconta di accusare male ai denti da due mesi e che non é mai
stato portato da un dottore. Altri tre raccontano di una volta in cui avevano
bisogno di essere visitati e per questo sono stati accompagnati in pronto
soccorso e lasciati da soli ad aspettare; dopo 5 ore un operatore è andato a
riprenderli sebbene nessuno fosse stato ancora visto da un medico. Dato che i
tre hanno osato lamentarsi di non essere stati visitati, l’operatore avrebbe risposto
loro che, se i medici italiani non sono di loro gradimento, se ne possono
tornare in Africa.
Il poco interesse per la salute fisica
dei minorenni del centro sarebbe avvalorato dal fatto che questi, quando sono
stati ricoverati per 3 settimane o un mese, hanno ricevono la visita in
ospedale solo da parte dei loro coetanei.
Non meno importante dovrebbe essere
il supporto psicologico, che tuttavia risulta assente. I ragazzini ci dicono
che possono parlare solo tra di loro delle inquietudini inerenti al loro
passato. Chiediamo nuovamente se non abbiano raccontato a nessun Italiano la
loro storia: una volta hanno avuto occasione di parlare con un’Italiana
(probabilmente l’assistente sociale), ma, dopo la chiacchierata, la signora ne avrebbe
tratto delle conclusioni circa l’opportunità o meno di richiedere protezione
internazionale, aggiungendo che per alcuni di loro sarebbe stato sufficiente ed
opportuno dichiarare di avere problemi familiari.
La già
difficile situazione è aggravata dalle tensioni che emergono nel quotidiano.
Per esempio, quando alcuni ragazzi hanno lamentato le condizioni scadenti,
un’operatrice avrebbe aperto la porta dicendo di abbandonare pure la struttura,
che a lei non interessava. Un altro problema è relativo alle pulizie, non essendo
tra gli ospiti ben chiara la loro responsabilità
in ordine all’igiene ambientale. Si dia il caso che la sporcizia e la mancanza
di rispetto per la “casa” sia motivo di continui rimproveri.
Quel che è certo è che le modalità con le quali questi giovani migranti stanno affrontando ( e denunciando) le
difficili condizioni di accoglienza in Italia dimostra un senso di
responsabilità certamente maggiore rispetto a quello manifestato dalle
istituzioni e dell’ente gestore.
Carlotta Giordano
Borderline Sicilia Onlus