LA CACCIA ALL’ORO
Il business dell’accoglienza come nel 2011 adesso interessa anche la provincia di Palermo.
Si perché come le prefetture di altre provincie siciliane, anche la prefettura di Palermo ha firmato delle convenzioni con associazioni, cooperative e consorzi che “accolgono” i migranti giunti nelle coste siciliane per 30 euro a persona, e dopo Piana degli Albanesi (4 centri) ha aperto i battenti Geraci Siculo, Petralia Soprana e Blufi (per Geraci è un ritorno al passato come per i centri di Piana degli Albanesi).
Adesso oltre alle bare nei comuni del palermitano ci sono anche circa 300 migranti in attesa di una audizione che forse arriverà fra sei, otto mesi (stime ottimistiche). In questi mesi gli enti gestori trascorreranno giorni felici incassando la cifra “offerta” dalla prefettura.
Questo sistema ha sperperato ingenti fondi senza risultato nel 2011, e anche questa volta non raggiungerà lo scopo che un paese civile dovrebbe prefiggersi e cioè quello di integrare/integrarsi con persone che vengono da situazioni di vero inferno.
Ovviamente ci teniamo a sottolineare che non tutte le strutture lavorano solo per far cassa, ma questo sistema favorisce il proliferarsi di centri senza nessuna professionalità, senza nessun interesse per l’accoglienza, ma soltanto l’interesse a far quadrare i conti di alberghi chiusi per i periodi invernali, o società (cooperative – associazioni ecc…) in difficoltà che hanno approfittato dell’incapacità delle istituzioni di programmare per tempo una adeguata accoglienza.
In alcuni centri abbiamo raccolto le lamentele anche degli operatori che non hanno ad oggi firmato la convenzione con la prefettura, e che hanno un sovrannumero di “ospiti”, in promiscuità tra donne, minori e uomini. E se i primi arrivati (soprattutto Gambia, Nigeria e Senegal) a fine settembre sono ancora nelle strutture in attesa della commissione, gli ultimi arrivati (sudanesi, eritrei e siriani) dopo due giorni di permanenza scappano dai centri per proseguire il loro progetto migratorio.
In quasi tutte le strutture gli enti gestori rilasciano dei pocket money spendibili in alcuni bar o negozi convenzionati (2,50 al giorno), e offrono anche un letto dove dormire (il più delle volte confortevole), pranzo e cena; (con organizzazioni diverse, per esempio a Piana degli Albanesi dove ci sono 4 centri, in cui in due fanno cucinare anche i migranti, mentre altri due centri hanno firmato una convenzione con una ditta – Nuova Cucina Siciliana – per 5 euro a pasto per migrante). Per la colazione molti per risparmiare fanno una colazione “fai da te”, cioè con latte e confetture donati dalla popolazione e qualche fetta biscottate comprata al supermercato.
Situazione ben più “grave” nel trapanese dove la corsa all’oro fa si che in ogni paese della provincia ci sia almeno un centro con contadini improvvisati mediatori, e casalinghe che cercano di districarsi tra arabo e inglese, ma dove l’unica lingua conosciuta è il dialetto trapanese.
Provincia di Trapani dove la torta viene spartita tra diverse cooperative, ma dove fanno la voce grossa il consorzio Solidalia e la cooperativa Badiagrande; abbiamo avuto l’opportunità di parlare con due operatori che non hanno voluto dare le proprie generalità e che ci hanno raccontato come la corsa all’oro di alcuni, fa si che si lavori senza contratto, con i pasti sempre più scadenti, e con difficoltà oggettive per chi vuole operare con una certa etica ( ci hanno raccontato che qualcuno è stato minacciato da colleghi per il semplice fatto di voler fare bene il proprio dovere).
In alcuni casi come a Selinunte e Bonagia i migranti hanno protestato aspramente per le condizioni di NON accoglienza, e anche a Vita ci sono stati problemi non di poco conto.
Alcuni direttori non vedono persone dietro questo “lavoro”, ma vedono soltanto euro e i risultati di mala integrazione sono sotto gli occhi di chi vuole vedere, e le prefetture e la politica in questo ha grossissime colpe.
Non solo alberghi riconvertiti, agriturismi, ma anche finanziamenti elevatissimi per istituire ancora centri che poi si trasformano in veri e propri centri di “detenzione”, come quello che è stato appaltato pochi giorni fa ad una ditta palermitana (Emmeci di Ganci paese in provincia di Palermo), che dovrà ristrutturare un ex mattatoio a Mazara del Vallo per circa 300 mila euro.
I soldi girano e le difficoltà invece crescono, l’incapacità di dare delle risposte adeguate genera il caos al CIE di Milo dove 160 persone sono rinchiuse dietro le sbarre, con un ente gestore(L’Oasi) che fra qualche giorno lascerà le redini, dopo che da più di un mese è stato revocato il mandato,ad un altro ente (in lizza per gestire Milo con battaglie a colpi di ribasso il consorzio Glicine – di Bagheria (PA) – e la cooperativa Dimensione Uomo 2000 – di Alcamo (TP) – ). Inoltre a Milo la situazione è incandescente visto che sono arrivati molti migranti sia dal CIE di Milano che da quello di Gradisca, quindi l’allerta è alta.
Un sistema che dall’alto non funziona, un sistema che sperpera denaro, ma non tutela per niente la persona migrante, un sistema che al Cara di Salina Grande rinchiude più di 400 persone (anche donne e bambini), con proteste e lamentele per la mancanza di acqua e di medicinali, dove i letti sono “buttati” per terra in quello che una volta era un refettorio (le persone sono costrette a mangiare sempre <>nelle proprie stanze o a terra) con difficoltà di dormire enormi.
Un sistema che porta ad abitare caseggiati abbandonati e pericolosi (amianto ovunque in questi caseggiati pericolanti), ovviamente sprovvisti di tutto; in questi caseggiati vi abitano migranti che girano la Sicilia non solo per lavorare nelle campagne, ma vi abitano anche migranti sbarcati negli ultimi mesi che hanno provveduto a fare il MODULO C3 (per la richiesta d’asilo), e che vengono rimandati da mesi dalle questure perché non ci sono posti……. immaginate le condizioni psico-fisiche di Abdul, signore di 55 anni che ci ha portato nella sua “dimora”, che ogni giorno deve andare in questura a Trapani per farsi dire che non c’è posto (tra parentesi ancora i bus navetta gratuiti Salina – Trapani non sono stati riattivati come promesso un mese fa), con ferite infette non curate e denutrizione (riesce a racimolare un po’ di cibo da connazionali dentro il Cara).
Questo è il sistema “accoglienza”, questo è il sistema che continua a far morire i nostri fratelli e le nostre sorelle… e noi ci domandiamo e cercheremo di capire:
Ma chi dovrebbe controllare tutto questo spreco di denaro? Chi deve verificare che gli operatori abbiano i giusti requisiti? Chi controlla come vengono spartiti i pocket money, le sigarette e le schede telefoniche e vestiario? Se le istituzioni e la politica creano tutto questo sistema di morte, chi può essere garante dei diritti?
Non sono in grado di dare una risposta esauriente, ma ho la consapevolezza che noi continueremo a far del nostro meglio per far emergere le storture di questo sistema per dare una dignità alle persone che vengono nella terra che per il momento noi abitiamo, saremo spina del fianco di istituzioni che spesso e volentieri non ci danno i permessi per visitare i centri e nonostante non ci accolgono a braccia aperte noi continueremo ad essere presenti.
Alberto Biondo
Borderline Sicilia Onlus