L’indifferenza che uccide
Badu è arrivato in Italia tre anni fa – da minorenne – e grazie alla sua forza di volontà e al sostegno di associazioni e volontari che lo hanno supportato, è riuscito in breve tempo a rendersi autonomo. Lo scorso anno era riuscito a trovare alcuni lavori in nero come lavapiatti e imbianchino.
Con l’avvento della pandemia, Badu – straniero e senza contratto – è stato uno dei primi ad entrare nel vortice dell’anonimato e dell’invisibilità. Nessun sussidio è stato previsto per lui, né per tutte le altre persone nella sua stessa condizione. Oggi Badu, per non mendicare, è costretto ad andare a raccogliere ortaggi in Puglia, e si sente tradito anche dagli amici che lo avevano supportato e accompagnato all’autonomia.
Con rammarico ci dice: “È vero che non avevo un contratto, ma almeno potevo camminare a testa alta, nonostante il lavoro duro e sottopagato, e in assenza di alternative mi sono adattato. Potevo pagare una catapecchia in nero che per me era almeno un tetto sopra la testa. Con il Covid tutti si sono girati dall’altra parte e io sono stato uno dei primi a finire in strada, e poi è toccato ad altri ragazzi, anche bianchi. La crisi sta colpendo tutti, ma noi siamo i primi a pagare e così ho deciso di andare via da Agrigento e seguire degli amici in Puglia; mi hanno detto che è dura, difficile, che saremo schiavi, ma spero almeno di non dover mai chiedere l’elemosina e dormire in strada”.
La pandemia e la crisi economica
Con lo scoppio dell’emergenza sanitaria tantissimi migranti, molti dei quali minori non accompagnati divenuti maggiorenni, si sono ritrovati in una condizione di invisibilità aggravata dall’impossibilità di rinnovare il permesso di soggiorno, a causa del decreto sicurezza del 2018, che ha gettato nell’irregolarità migliaia di persone. Tanti lavoratori giovanissimi senza contratto, come Badu, sono stati mandati via dai datori di lavoro per paura del contagio o a causa della contrazione del lavoro. Ma la prima causa di queste situazioni sono le politiche migratorie che non fanno altro che accrescere discriminazioni e disagio.
Le Caritas e gli altri enti di assistenza, quasi non riescono più a soddisfare i bisogni di tutte le persone in difficoltà che vi si rivolgono. I giovani stranieri sono gli ultimi della fila, a stento ricevono le briciole lasciate dalle tante famiglie siciliane, anch’esse sprofondate nella povertà.
La possibilità di accedere alle cure mediche ordinarie in questo momento è un problema per tutti, ma lo è ancora di più per chi è irregolare. Ci sono casi come quello di Larry, che – nonostante abbia bisogno di un intervento, continuamente rinviato – vive per strada, peggiorando ogni giorno che passa. E i problemi psicologici e l’abuso di alcol o droga sono sempre dietro l’angolo, facendo precipitare in un baratro anche le ultime speranze.
Ma tutto questo non fa più notizia, siamo troppo presi dalla crisi criminale messa in piedi da politici che hanno, come unico interesse, quello di accrescere la loro fetta di potere, a discapito di milioni di persone.
I morti alle frontiere europee
Nessuna indignazione nemmeno per la gente che continua a morire nei viaggi attraverso frontiere blindate, che siano il mare Mediterraneo o paesi pieni di neve nell’Europa dell’Est. Sulla rotta balcanica alla rigidità del clima si aggiunge la ferocia delle polizie di frontiera – italiane ed europee – braccio armato delle politiche disumane di respingimento.
Nel canale di Sicilia, delle persone messe in mare dai trafficanti, solo una parte viene salvata e portata in Europa, mentre un’altra o muore o viene riportata indietro nell’inferno dei campi in Libia. La settimana scorsa numerose persone sono approdate a Lampedusa, e 422 sono state salvate dalla Ocean Viking e sbarcate al porto di Augusta.
Per le persone approdate comincia un’altra odissea fatta di navi quarantena, centri Covid e, per molti, anche di respingimenti e rimpatri. Le persone arrivate – soprattutto gli uomini – vengono trasbordate sulle navi Allegra, ormeggiata a Lampedusa, e Rhapsody, ormeggiata ad Augusta, per trascorrere il periodo di quarantena mediante questa prassi discriminatoria, oltre che oltremodo dispendiosa di denaro pubblico. Le prefetture sono sempre più in confusione, perché non c’è una linea comune di intervento e tutto è lasciato in mano alla discrezionalità dei dirigenti.
Così, vediamo centri Covid che vengono chiusi e poi riaperti, in cui minori non accompagnati, famiglie e persone con vulnerabilità si ritrovano spesso in condizioni promiscue, senza specifiche tutele e senza informativa legale. Abbiamo ricevuto segnalazioni di persone che – in alcuni centri – sono rimaste anche per giorni con i vestiti del viaggio.
Pratiche, queste, che si ripetono negli anni, e che lasciano il segno sulle persone.
Gli ultimi bandi delle prefetture siciliane riguardano: lo stanziamento di fondi per i voli di rimpatrio dei cittadini tunisini (prefettura di Palermo), per i pullman al fine di smistare i migranti fuori dalla Sicilia dopo la quarantena (prefetture di Siracusa e Caltanissetta), per la gestione del CPR di Milo che ha riaperto i battenti dopo l’ennesima ristrutturazione (prefettura di Trapani) e per la gestione di altri centri Covid per minori (prefettura di Messina).
La prefettura di Agrigento ha bandito una gara per la gestione di altri centri Covid in cui chiama a partecipare anche cooperative che gestivano strutture che erano state fatte chiudere proprio dalla prefettura. La pandemia ha inoltre ulteriormente dilatato i tempi – già lunghi – per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno da parte delle questure, per non parlare dei rinvii delle udienze dei ricorsi per la protezione che vengono fatti anche a distanza di anni.
L’umanità è morta da tempo e non è stato il Covid ad ucciderla, ma la nostra indifferenza. La pandemia è la cartina di tornasole delle disuguaglianze e delle ingiustizie sociali di questi tempi.
Alberto Biondo
Borderline Sicilia