Migranti, le critiche delle associazioni a Frontex
Da Meridionews
Violazione dei diritti umani fondamentali, spese ingenti e incontrollate, mancanza di trasparenza, aumento dei respingimenti e diminuzione dei salvataggi in mare. Sono questi i motivi principali per i quali la Rete antirazzista catanese e l’associazione Borderline Sicilia onlus continuano a opporsi all’apertura a Catania di una sede dell’agenzia Frontex. Un protocollo firmato lo scorso 26 giugno tra il primo cittadino Enzo Bianco e il direttore esecutivo Fabrice Leggeri prevede una sede fisica dell’agenzia – allestita nel monastero di Santa Chiara – e l’invio di 18 pattugliatori, quattro aerei e due elicotteri.
«L’apertura di una sede di Frontex a Catania rappresenta una scelta gravissima», denunciano le due associazioni in un documento congiunto. «Porterà a un ulteriore incremento delle violazioni dei diritti fondamentali dei migranti e a un’ulteriore militarizzazione della Sicilia». L’agenzia europea si occupa di gestire i confini dell’Unione europea dall’ottobre 2004, «in mare, pattuglia le acque territoriali dentro e fuori l’Ue. Negli aeroporti controlla i migranti secondo la loro provenienza e la loro origine e organizza anche dei voli congiunti che di fatto rappresentano delle espulsioni collettive». Diverse le violazioni che sarebbero compiute: «Il diritto a emigrare, a chiedere asilo, il principio di non respingimento e il divieto di espulsioni collettive e il diritto a un ricorso effettivo. A questo – proseguono gli attivisti – vanno aggiunte violazioni della convenzione di Ginevra». Secondo alcuni dati forniti dalle due associazioni, dal 2006 al 2013 Frontex «ha partecipato a 209 operazioni congiunte di rimpatrio, in collaborazione con gli Stati Ue, che hanno coinvolto 10.855 migranti».
Sul fronte dell’impegno economico, i dubbi delle due associazioni si concentrano sulle operazioni militari e sulla gestione amministrativa. «Per l’agenzia Frontex sono stati stanziati 642 milioni di euro in dieci anni – sostengono – Dai 19 milioni di euro nel 2006, il budget è passato a 118 milioni di euro nel 2011. Il bilancio di Frontex nel 2015 supera oggi i 114 milioni». Gli attivisti citano anche un rapporto stilato nel 2014 da Amnesty International su Il costo umano della Fortezza Europa. Negli anni che vanno dal 2007 al 2013 l’Unione europea «ha speso quasi due miliardi di euro per proteggere le sue frontiere esterne e appena 700 milioni per assistere i richiedenti asilo. In Italia a fronte di 250 milioni di euro per militarizzare i confini in funzione anti-migranti, i vari governi hanno destinato solo 36 milioni per l’accoglienza di migranti e richiedenti asilo».
Un finanziamento cospicuo, per il quale è anche difficile ottenere dati. «Come più volte rilevato e denunciato, l’agenzia Frontex agisce in una sorta di zona grigia in cui i controlli e le informazioni sono pochi e spesso segreti», denunciano gli attivisti. Nessuna notizia su «luoghi, motivi, durata, budget, Stati coinvolti». Eppure il regolamento del 2011 prevede l’istituzione di un Forum consultivo sui diritti fondamentali, con l’obbligo di nominare un responsabile. Un ruolo gestito dalla stessa agenzia, per una figura che deve «impegnarsi ad agire in maniera autonoma nell’interesse di Frontex». Gli stessi componenti del forum sono legati dal segreto professionale e per gli accordi stipulati – anche con paesi extracomunitari come Libia, Egitto, Turchia, Bielorussia, Nigeria e Senegal – non è previsto il passaggio al parlamento europeo, che viene solo informato.
«Lo scopo evidente è quello di sorvegliare, schedare, respingere e dissuadere i migranti che cercano di raggiungere l’Europa utilizzando procedure e mezzi militari», attaccano Rete antirazzista e Borderline. «Il tutto con il supporto della Nato il cui segretario generale Jens Stoltenberg, ha fatto sapere a metà maggio che l’Alleanza è pronta a intervenire nelle operazioni di guerra contro gli scafisti nordafricani, con la giustificazione che “sui barconi dei migranti potrebbero imbarcarsi anche terroristi o miliziani Isis”».
Diverse le proposte degli attivisti: dall’apertura di canali umanitari a un diritto d’asilo europeo. E poi «un’accoglienza degna che ancora manca a Catania, come dimostrano i casi del Palaspedini e di altre strutture dove i migranti vengono completamente abbandonati con i vari enti coinvolti che negano o si rimpallano le responsabilità» e la fine del modello del Cara di Mineo, la cui gestione è coinvolta nell’inchiesta della procura di Roma Mafia capitale.