Lo sgombero del Palazzo delle ex Poste a Catania

Martedì 28 febbraio, alle 6 di mattina, la polizia municipale di Catania ha sgomberato il Palazzo delle ex Poste in Viale Africa che, nonostante lo stato di totale abbandono e degrado in cui versa da anni, è da tempo rifugio provvisorio per diverse persone senza fissa dimora, soprattutto migranti e richiedenti asilo. L’esito dell’operazione di polizia è stata la denuncia di diciotto persone per violazione dell’art. 633 c.p. che punisce l’invasione al fine di occupazione di terreni o edifici.

Tra i giovani portati al comando di polizia e poi immediatamente rilasciati, c’erano diversi nigeriani e gambiani, alcuni titolari di protezione internazionale o umanitaria, altri messi fuori dal CARA di Mineo dopo l’esito negativo della Commissione Territoriale contro cui hanno fatto ricorso e che sono quindi regolarmente soggiornanti sul territorio.

Tutte persone che a causa della carenza cronica del sistema di accoglienza si sono ritrovate a dormire in un luogo fatiscente ma che offriva loro un minimo riparo. Una situazione che andava assolutamente affrontata, attivando i servizi sociali per trovare loro una sistemazione alternativa e dignitosa. Invece, usciti dagli uffici della municipale hanno trovato soltanto la strada e una denuncia per occupazione che aggrava ancora di più la loro precaria situazione.

Evidentemente l’amministrazione comunale di Catania ha accolto positivamente l’approccio securitario del Decreto Minniti con cui il Governo ha deciso di affrontare il fenomeno migratorio e altri fenomeni di marginalità ed esclusione sociale. Non è un caso che il Sindaco Enzo Bianco, ex ministro dell’Interno e attuale presidente del consiglio nazionale Anci, prima della approvazione del decreto abbia chiesto al governo di accelerare l’iter per rispondere a quei “comportamenti che suscitano allarme sociale nelle nostre comunità”, per affrontare il tema della sicurezza dato che “i recenti accadimenti di Berlino confermano come siano tantissimi i bersagli possibili per i terroristi; proprio per questo occorre accrescere la capacità di controllo del territorio”. Dichiarazioni che creano una retorica in cui si confondono e sovrappongono volutamente fenomeni di marginalità sociale con questioni di ordine pubblico e nazionale, cercando così consenso sulla pelle non solo dei migranti, ma di tutte le fasce più deboli della società.

È chiaro che dopo anni di crisi e di tagli agli enti locali, in cui i comuni non riescono più a garantire servizi essenziali e in cui i bisogni da soddisfare sarebbero ben altri, la politica cerca la sua legittimazione con concetti vacui e simbolici quali sicurezza, degrado, decoro e legalità.

Ed è così che si sgomberano i senza fissa dimora non preoccupandosi delle implicazioni o delle alternative, oppure si dà la caccia ai lavavetri e ai venditori ambulanti. Sono scene già viste che periodicamente vengono riproposte in questo paese, dove da anni si risponde in termini meramente repressivi e di ordine pubblico a problemi che meriterebbero ben altre misure e azioni. Ma proprio perché sono scene già viste sappiamo quali saranno gli effetti: maggiore marginalità e ulteriori sacche di irregolarità che peggioreranno situazioni già complesse. Sarebbe ora che le istituzioni reagissero alla dilagante xenofobia riconoscendo diritti e garantendone il rispetto, invece di limitarli nel tentativo di assecondare quelle pulsioni populiste che passo dopo passo rischiano di portarci verso un baratro da cui sarà sempre più difficile uscire.

Nicolas Liuzzi

Borderline Sicilia Onlus