La vita dei neomaggiorenni nella Sicilia orientale
Alla base della maggior parte delle complesse problematiche relative all’immigrazione in Italia, vi è un diffuso ed errato approccio emergenziale, il quale viene utilizzato come modello ordinario nella gestione del fenomeno. In realtà non ci troviamo di fronte ad una straordinarietà che richiede procedure d’emergenza ma ad una realtà permanente che va affrontata per quello che è davvero, senza far capo a soluzioni temporanee e quindi poco risolutive nel lungo periodo.
L’accoglienza è uno di quei settori dove l’emergenza è un elemento costante. È chiara a tutti la lentezza con la quale si cerca di rendere operativa l’applicazione del Piano nazionale di ripartizione richiedenti asilo e rifugiati condiviso dal Ministero dell’Interno e ANCI. Ed è anche chiaro che il progressivo superamento della logica emergenziale, il coordinamento inter istituzionale e il modello di accoglienza diffusa sui territori sarebbero un passo fondamentale per avvicinarsi a un sistema più stabile. Oltretutto, l’accoglienza straordinaria non è affatto temporanea: i tempi medi di permanenza nei CAS sono molto lunghi e gli ospiti dei centri frequentemente si ritrovano in strutture con carenza di personale e con i servizi minimi non garantiti. Le problematiche sono quindi molteplici, ma laddove le istituzioni falliscono l’obiettivo di redistribuzione dell’accoglienza sul territorio nazionale e quello di ampliamento del sistema SPRAR, risulta ancora più complesso riuscire ad eludere l’approccio emergenziale.
Per quanto riguarda le categorie più vulnerabili, come i minori stranieri non accompagnati, le criticità del sistema di accoglienza acquistano ancora più peso. Anche in seguito alle modifiche apportate dalla legge Zampa e dal Decreto Legislativo del 22 dicembre 2017 n. 220, continuiamo ad assistere all’attuazione di prassi arbitrarie e non in linea con le normative. La maggior parte dei msna (minori stranieri non accompagnati), presenti in gran numero in Sicilia, si ritrovano ad essere accolti in strutture di prima accoglienza o d’emergenza per molto più tempo dei trenta giorni previsti, a causa di attese estremamente lunghe per i trasferimenti nelle strutture di seconda accoglienza, generando nei ragazzi frustrazione e sfiducia verso la voluta e sperata ricerca di integrazione.
Il passaggio alla maggiore età
La situazione non migliora con il raggiungimento della maggiore età: la fascia d’età che comprende il maggior numero di msna in Italia, va dai 16 ai 17 anni. Si tratta quindi di ragazzi molto vicini alla perdita della tutela che l’ordinamento italiano prevede per i minori. Al compiere dei diciotto anni diventano a tutti gli effetti legalmente adulti e l’importantissima fase di passaggio che si ritrovano ad affrontare da neo-maggiorenni non viene minimamente tutelata ma paradossalmente resa ancora più ardua. Come ogni anno, ) anche con l’inizio del 2018, il numero dei minorenni che hanno raggiunto la maggiore età risulta elevato, a causa del fatto che molti dei msna conoscono solo il loro anno di nascita e quindi al momento dell’arrivo, gli vengono assegnati arbitrariamente come mese e giorno il primo gennaio. In questo mese siamo stati testimoni di un diffuso sovraffollamento di richieste di trasferimento negli SPRAR o di prolungamento dell’accoglienza nei centri per minori che ha congestionato le pratiche amministrative dei trasferimenti.
A seguito dell’elevato numero di neomaggiorenni presenti in Sicilia e della scarsa disponibilità dei posti SPRAR, il quattro agosto scorso, il Ministero ha emanato una circolare con la quale ha stabilito la priorità dell’inserimento dei titolari della protezione internazionale, seguiti dai titolari della protezione umanitaria, seguiti infine, qualora ci fossero ancora posti vuoti, dai richiedenti. Cosa succede, dunque, a chi non riesce ad accedere agli SPRAR? Al compimento dei 18 anni quindi decade improvvisamente e istantaneamente l’importanza data, fino al giorno prima, al “superiore interesse del minore”?
Province della Sicilia orientale
Diverse sono le prassi: le varie province della Sicilia orientale si differenziano per scelte e modi di esecuzione. A Catania e Caltanissetta, ad esempio, i ragazzi vengono trasferiti, al compimento della maggiore età, dalle comunità per minori ai CARA vicini – Mineo e Pian del Lago – strutture che ospitano un numero altissimo di persone per le quali viene spesso denunciata la mancata tutela e l’abbandono. In particolare per il CARA di Mineo, sono ben note anche le innumerevoli e gravissime criticità relative alla gestione della struttura. Questi luoghi, non idonei per gli adulti, lo sono ancor meno per un ragazzo che ha appena raggiunto la maggiore età. A Catania, il trasferimento di A. – e di molti altri neomaggiorenni – al CARA di Mineo dalla comunità dove era accolto, ha spinto varie realtà della provincia ad incontrarsi, il 27 gennaio, per discutere di questa problematica e provare a trovare insieme delle soluzioni mettendo in piedi il “Forum Territoriale Siciliano”. Fra le realtà presenti diverse ONG, associazioni, centri di accoglienza, responsabili di CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti), realtà religiose e della società civile. Fra le istituzioni invece risponde all’invito solo il Tribunale dei Minori. La storia di A. è particolare, perché esplicita il contrasto fra due istituzioni: il Tribunale dei Minori che aveva accettato il prolungamento fino ai 21 anni dell’accoglienza nella struttura di provenienza e la Prefettura, la quale ha invece inviato la comunicazione di trasferimento al CARA prevalendo sul Tribunale per competenza economica. A., nel giro di pochi giorni, è stato trasferito al CARA di Mineo, ed è stato costretto ad interrompere quindi il suo percorso di integrazione iniziato attraverso l’iscrizione a scuola, la frequenza di una scuola di calcio e la partecipazione ad un laboratorio di teatro. È stato inoltre costretto ad allontanarsi da tutta quella rete di relazioni affettive instaurate sul territorio: i suoi amici e le persone con le quali era riuscito a creare dei rapporti di fiducia. È stato quindi allontanato dal luogo in cui aveva costruito un suo progetto di vita. Per scelta del comune di Catania sono proprio i più radicati che vengono spostati per primi, seguendo una logica basata sulla “permanenza”. “I ragazzi sono diventati dei pacchi postali” dice O., durante il Forum a cui partecipa con la comunità in cui è ospite. “Siamo venuti qui per crescere e non siamo qua solo per noi stessi, ma anche per contribuire a questo paese. L’Italia sta diventando un mercato, noi siamo i prodotti, i centri d’accoglienza sono i corrieri”. Fortunatamente esistono anche preziose iniziative come quella di Refugees Welcome , che offrono la possibilità ai titolari di protezione – neo maggiorenni e non – di essere ospitati per alcuni mesi presso “famiglie” volontarie italiane. Purtroppo ancora sono poche le famiglie disponibili ad accogliere i ragazzi in casa loro, aiutandoli così ad evitare lo sradicamento e a raggiungere in minor tempo l’integrazione e l’autonomia sperata.
Simile a quello catanese è il caso di Caltanissetta, dove un operatore ci riferisce che rispetto alle altre province, il numero di richieste di protezione presentate dai ragazzi presenti nelle comunità per minori è più basso. La maggior parte dei minori segue il percorso che passa dal permesso di soggiorno per minore età ai tentativi di conversione in permesso per studio o lavoro. In alcuni casi la richiesta di protezione viene presentata dopo il compimento della maggiore età. I neomaggiorenni titolari di protezione vengono trasferiti negli SPRAR mentre la maggior parte dei richiedenti viene trasferita, al compimento dei 18 anni, al CARA di Pian del Lago: i ragazzi vengono prelevati dalle comunità di appartenenza con qualche giorno di preavviso o addirittura da scuola senza alcuna precedente comunicazione. Esemplare è il caso di T., un ragazzo egiziano richiedente asilo, che al compimento dei 18 anni è stato trasferito al CARA di Pian del Lago, da dove, poche settimane dopo il suo arrivo, spaventato e frustrato, ha deciso di allontanarsi perché non riusciva ad intravedere nessun futuro possibile. Ora si trova per strada a Caltanissetta, senza fissa dimora, nella speranza di ottenere un documento e facile preda dello sfruttamento.
Siracusa ed Enna sono invece accomunate dalla pratica diffusa di trasferire i neomaggiorenni nei CAS, essendo province sprovviste di CARA. A Siracusa, dopo le numerose richieste inviate dai centri di prima e seconda accoglienza per minori al Servizio Centrale ai fini dei trasferimenti in SPRAR, e non soddisfatte per mancanza di posti, si presentano due alternative: i titolari di protezione internazionale e umanitaria vengono inseriti negli SPRAR, ove possibile, anche fuori provincia – interrompendo quindi la progettualità dei ragazzi – e i richiedenti invece vengono mandati nei diversi CAS (Rosolini, Città Giardino ecc.). Ai ragazzi con permesso di soggiorno per motivi di studio rimangono invece solo due alternative: la richiesta di prolungamento fino ai 21 anni o la strada.
Anche ad Enna i trasferimenti negli SPRAR non sono così immediati: nonostante le segnalazioni da parte dei centri per minori la maggior parte dei neo-maggiorenni viene trasferita nei CAS. Solo i più fortunati riescono a essere inseriti negli SPRAR. Purtroppo oltre ad essere molto pochi i posti negli SPRAR, vi è anche un mancato coordinamento del Servizio centrale con i progetti in cui molti posti rimangono vuoti. A causa di questa mancanza di comunicazione, molti centri per minori utilizzano come prassi quella di cercare in autonomia dei posti liberi negli SPRAR e successivamente comunicarli al Servizio Centrale.
Nella provincia di Messina i neomaggiorenni titolari di protezione internazionale o umanitaria vengono trasferiti negli SPRAR, mentre i richiedenti o ricorrenti, secondo i casi e la fortuna, finiscono negli SPRAR o nei CAS, dove si ritrovano a dover fare un passo indietro rispetto al loro percorso di formazione e integrazione. Nella maggior parte dei casi arrivano da centri di prima accoglienza per minori, dove hanno trascorso molto più tempo rispetto ai 30 giorni che la legge Zampa prevede. Per quanto riguarda i minori con permesso di soggiorno per minore età che hanno convertito il permesso in studio o lavoro, tendenzialmente viene richiesto il prolungamento dell’accoglienza nei centri di prima o seconda accoglienza. Tale richiesta, nata dalla difficoltà di accedere ad altri centri e la reale possibilità dei ragazzi di finire per strada, comporta per il centro ulteriori responsabilità e per il neomaggiorenne la perdita di molti dei diritti di cui godono i minorenni ospiti nel medesimo centro. Ad esempio quando il Comune non sostiene economicamente il prolungamento dell’accoglienza il ragazzo si ritroverà ad essere l’unico a non ricevere più il pocket money: una quota giornaliera che il Ministero dell’interno destina ai migranti minorenni che al compimento dei 18 viene sospesa. A Messina è presente un tavolo di confronto che si riunisce mensilmente, e vede presenti gli assistenti sociali, i tutor, i responsabili delle strutture e l’assessore per cercare di gestire l’accoglienza dei minori stranieri e dei neo-maggiorenni.
Anche nella provincia di Ragusa, in primis i titolari di protezione e successivamente i richiedenti o ricorrenti vengono trasferiti negli SPRAR se vi sono posti disponibili. Chi invece ha solo presentato la manifestazione di volontà viene sicuramente destinato ad un CAS. Ci sono stati segnalati alcuni casi che presentano ulteriori problematicità legate alla già complessa situazione dei neo-maggiorenni: durante il tempo (a volte mesi) che i ragazzi si ritrovano a trascorrere in strada in attesa di collocamenti o trasferimenti in accoglienza, l’unica alternativa alla strada sono le sistemazioni come quelle che offre la Caritas, con vitto e alloggio temporaneo. La stessa Caritas ci ha riferito alcuni casi di ragazzi neo-maggiorenni che sono stati allontanati dalle Comunità nel momento in cui, ormai adulti da pochi giorni, hanno ritirato la notifica della decisione della Commissione Territoriale. Solo in seguito alle segnalazioni della Caritas si è riusciti ad inserirli negli SPRAR della provincia. Tutele che purtroppo non possono essere garantite a tutti ma solo a coloro che riescono, per fortuna o perseveranza, a rientrare in questi circuiti che cercano di compensare le falle dell’accoglienza.
Dal quadro generale ciò che emerge è che in una fase così importante come il passaggio alla maggiore età, i ragazzi vengono totalmente abbandonati, anche coloro che fortunatamente sono riusciti ad intraprendere un percorso di formazione, studio e integrazione si ritrovano improvvisamente a dover fare i conti con una realtà frustrante capace di cancellare tutto ciò per cui avevano lavorato. Trasferiti in altre province o in campagne lontane da qualsiasi centro abitato, in CAS o CARA e solo in alcuni casi in SPRAR, si ritrovano a dover interrompere ogni tipo di attività o legame affettivo. Anche riuscire a proseguire un percorso scolastico può risultare difficile visto che spesso si rimane in attesa per mesi prima di ottenere il trasferimento in un nuovo CPIA. Progetti di integrazione, sui quali si è spesso investito molto, vengono interrotti bruscamente per mancanza di una visione di insieme. Queste prassi oltre a causare apatia e sfiducia, spingono molti di questi giovani ad abbandonare l’accoglienza – anche quando non si è ancora in possesso di un permesso di soggiorno – finendo nelle mani della criminalità, della tratta, schiavi nelle campagne o senza fissa dimora. Quando siamo stati al Cara di Mineo, uno dei ragazzi neomaggiorenni trasferiti da poco più di due settimane da un centro per minori di Catania ci ha raccontato come si è sentito dopo il trasferimento: “Il mio sogno era prendere la terza media… ma ora ci hanno tolto tutto, qui, al Cara di Mineo, siamo in Africa… in Italia ho solo perso tempo”.
Sara Scudero
Viola Gastaldi
Borderline Sicilia Onlus