Catania contro Frontex e Triton
da Argocatania
Catania, ex Convento di Santa Chiara. Sono a buon punto i lavori di ristrutturazione per destinare i locali all’agenzia Frontex, per il coordinamento dell’operazione Triton. Un gruppo di antirazzisti catanesi il 20 giugno – Giornata mondiale del Rifugiato – è penetrato all’interno srotolando dalle finestre alcuni striscioni per ricordare che Triton è un programma militare dell’Unione Europea e ha l’obiettivo di chiudere le frontiere e respingere i migranti.
Se si vuole veramente mettere fine ai naufragi e alla tratta degli esseri umani, l’unica strada da seguire è quella di istituire immediatamente corridoi umanitari e garantire il diritto di asilo.
Gli attivisti hanno contestato alla giunta Bianco la concessione di un tale importante spazio pubblico, mentre in città è sempre più difficile (come nel caso della scuola Diaz-Manzoni, recentemente dichiarata inagibile) garantire i necessari spazi sociali. Peraltro, la ristrutturazione di questi locali era stata avviata per trasformarli in spazio museale.
Precedentemente, era stata tenuta una conferenza stampa durante la quale l’insieme di associazioni che ha promosso la mobilitazione (Rete Antirazzista, Catania Bene Comune, ARCI, Cobas Scuola, Comitato di base No Muos – No Sigonella, Rifondazione Comunista, Unione degli Studenti, LILA) ha denunciato la moltiplicazione di atti di “razzismo istituzionale” in tutta Europa, a partire da ciò che sta accadendo nel confine franco-italiano.
In una situazione che costringe migliaia di migranti in fuga da guerre, fame, discriminazioni li si costringe a continuare a vivere, anche dopo il loro arrivo, in condizioni inumane.
In un’Europa dove cresce l’intolleranza e si vive, nonostante i numeri dimostrino il contrario, come invasione un flusso di persone, che potrebbe essere gestito senza alcun problema.
Emblema di cattiva accoglienza, corruzione e malaffare è il CARA di Mineo, come dimostrano le inchieste della magistratura. Di questo centro i manifestanti hanno chiesto, nel ricordo di Mulue Ghirmay (il ventenne eritreo, arrivato in Italia nel maggio 2013, impiccatosi il 14 dicembre 2013, stroncato dalla snervante attesa del parere della Commissione sul diritto di asilo), l’ immediata chiusura.
Altra richiesta fondamentale, il recupero del relitto del naufragio del 18 aprile. Sia per il dovuto rispetto alle vittime e ai loro parenti, sia per poter svolgere approfondite indagini in grado di risalire, individuando la provenienza del peschereccio, agli organizzatori del viaggio della morte.