A Catania incontro tra associazioni e istituzioni sulla questione dei respingimenti
Di fronte al ripetersi della prassi dei respingimenti differiti che ha avuto luogo in diverse province siciliane a partire da fine settembre, l’associazione Borderline Sicilia si è fatta portavoce di numerose associazioni catanesi e ha chiesto un incontro al Prefetto e al Questore per avere spiegazioni su quando sta avvenendo.
L’incontro che si è tenuto ieri ha visto presenti rappresentanti delle associazioni Borderline Sicilia, Rete Antirazzista Catanese, Centro Astalli, Arci Catania, Asgi sez. Sicilia, Arci Catania, Catania bene comune, insieme al viceprefetto responsabile per l’immigrazione, la responsabile della prefettura per gli sbarchi, e la dirigente dell’ufficio immigrazione della Questura.
Il dialogo si è aperto con l’intervento di alcuni esponenti delle associazioni che, dopo aver ribadito l’illegittimità dei provvedimenti emanati che saranno impugnati nelle competenti sedi giudiziarie, hanno illustrato la situazione che si è venuta a creare: dal respingimento di trentadue migranti avvenuto a seguito dello sbarco del 30 settembre, numerose sono le persone presenti sul territorio catanese, senza un posto dove dormire e un luogo dove vivere. Di quei trentadue, qualcuno è stato sistemato in alloggi messi a disposizione da associazioni di volontariato, altri non hanno visto altra soluzione possibile se non quella di allontanarsi alla ricerca di città maggiormente predisposte all’accoglienza, altri sono stati intercettati da trafficanti di terra e andati chissà dove.
Nel frattempo però è aumentato il numero dei migranti respinti che si sono aggiunti alle file dei senzatetto di Catania: provengono da altri luoghi di sbarco, in particolare Pozzallo e Lampedusa, e si sono spostati in questa città nella speranza di trovare assistenza. Qui sono riusciti ad avere pasti caldi, assistenza legale, la possibilità di lavarsi, vestiti puliti. Il problema irrisolto resta il posto dove dormire e la totale incertezza rispetto a quel che accadrà loro, dove andare, cosa aspettare e se aspettare porterà dei risultati.
In questo stato di confusione e di forte preoccupazione, tutte queste persone si sentono rifiutate dallo stato italiano senza capirne il motivo e lasciati nelle mani dei volontari che, nonostante la piena disponibilità mostrata, potranno offrire solamente assistenza momentanea.
Questa situazione avrà delle ripercussioni non solo sulla vita dei migranti ma anche sulla città stessa che vivrà una vera e propria emergenza sociale con l’aumentare delle persone senza fissa dimora; un sovraffollamento del tribunale a causa degli appelli che verranno presentati rispetto ai respingimenti effettuati, non solo dalla Questura di Catania ma anche di Ragusa e Siracusa; un aumento del lavoro della Questura per le numerose domande d’asilo che verranno contestualmente presentate.
Nella speranza quindi di “liberarsi” di potenziali richiedenti asilo per alleggerire il sistema di accoglienza, ci si troverà in realtà in una situazione opposta che graverà quasi totalmente sulle città siciliane.
Alla luce di quanto esposto, le associazioni volevano dunque capire qual è la logica sottesa a tali pratiche e quali le prospettive future rispetto alle conseguenze concrete che si verificheranno.
Dopo una breve introduzione del viceprefetto Gullotti che ha accennato ad una direttiva arrivata dal Ministero dell’Interno a fine settembre, la parola è passata alla dott.ssa Scacco dell’Ufficio Immigrazione che ha spiegato più nel dettaglio le disposizioni ricevute.
Chiarisce che a seguito del vertice europeo di fine settembre il Ministero dell’Interno ha chiaramente impartito nuove direttive a cui le Questure devono attenersi. Innanzitutto al momento dello sbarco il criterio da utilizzare è la divisione tra migranti economici e profughi da operarsi sulla basa della nazionalità: Siriani, Eritrei e cittadini delle Repubblica Centrafricana sono considerati migranti politici; tutti gli altri appartengono automaticamente alla categoria “economici”.
Per favorire questa operazione, sono stati consegnati nuovi moduli per la pre-identificazione dei migranti così da rendere uniformi le valutazioni che prima venivano fatte sulla base di tanti moduli quanti erano i luoghi di sbarco.
Il nuovo modulo prevede la domanda “perché sei venuto in Italia?” e le risposte tra cui scegliere sono: lavoro, guerra, asilo, altro. Il compito di provvedere all’attività di informazione legale spetterebbe alle associazioni in convenzione con il Ministero (UNHCR, Save the Children, OIM e Croce Rossa), le uniche accreditate ad entrare al porto. Il loro compito sarebbe quello di dare ai migranti appena sbarcati tutte le informazioni relative ai loro diritti e ciò dovrebbe avvenire mentre sono in fila ad aspettare il loro turno, nel momento che precede la pre-identificazione. Ma relativamente a Catania, si parla di sbarchi in cui arrivano centinaia di persone, in cui il tempo a disposizione è pochissimo ed è solo quello necessario alle operazioni di pre-identificazione. Il dirigente dell’ufficio immigrazione si mostra consapevole della difficile situazione attuale e ribadisce le indicazioni del Ministero dell’Interno rispetto alle operazioni di respingimento messe in atto. Inoltre fa riferimento alle scelte fatte in sede europea e alle inevitabili conseguenze che hanno a livello nazionale.
Tale nuovo indirizzo è comunque inaccettabile e qualcuno degli avvocati presenti sottolinea come decisioni prese in sede politica non possono in alcun modo contrastare con le normative sulla protezione internazionale, che è un diritto soggettivo, da riferirsi alla storia personale di ognuno e non a classificazioni prestabilite sulla base del paese di provenienza.
I respingimenti collettivi e la lista dei paesi che danno diritto a chiedere la protezione internazionale sono pratiche totalmente illegittime.
Infine, c’è chi mostra forti perplessità sul lavoro svolto dalle organizzazioni umanitarie in sede di sbarco. Tutti i migranti che hanno ricevuto il provvedimento di respingimento dicono di non aver parlato con nessuno e di non aver avuto alcuna spiegazione rispetto al diritto d’asilo. Evidentemente il tempo riservato all’informativa non è un tempo ben definito e neppure ampio ma sorgono dei dubbi, forse sull’efficacia, forse sull’efficienza o forse sulla quantità di personale a disposizione per questo importante momento. Forse sorge il dubbio che vista anche la presenza degli agenti di Frontex ci sia stata una stretta sulla possibilità delle organizzazioni di venire a contatto con i migranti prima delle operazioni di pre-identificazione. Si avanza la proposta, di rendere il porto accessibile anche ad altre associazioni che possano portare un contributo aggiuntivo nella fase informativa durante le operazioni di sbarco.
Per concludere il viceprefetto ha ringraziato l’attività del volontariato, riconoscendo il preziosissimo aiuto che stanno dando in questo momento di disagio causato dal cambiamento in atto che, come tale, necessita di monitoraggi e aggiustamenti.
L’incontro ha sicuramente dato la possibilità di poter dialogare e confrontarsi con le istituzioni in modo costruttivo, e questo è stato molto apprezzato, permettendo anche il chiarimento di alcuni aspetti.
Ciò che continua a destare non poca preoccupazione è la direzione verso la quale si sta muovendo l’Italia, su indicazioni comunitarie. Il rischio è una deriva di restringimento del diritto all’accesso alla protezione internazionale con conseguenze gravissime sulla vita di persone estremamente vulnerabili, in un momento in cui l’Europa, anziché cercare soluzioni per garantire e rafforzare il diritto d’asilo, anche alla luce delle gravissime crisi umanitarie in corso, non fa altro che erigere altri muri e altre barriere.
Giulia Freddi
Borderline Sicilia onlus