Diritti in lista d’attesa
Sono nuovamente circa un centinaio le persone che vivono negli accampamenti spontanei che si sono formati sotto il cavalcavia di fronte al centro di accoglienza governativo di contrada Pian del Lago.
La chiusura della struttura sportiva del Palacannizzaro nei pressi dello stadio cittadino, lo scorso marzo , non ha di fatto risolto il problema, ma l’ha reso solo meno visibile alla città.
Permane la divisione per nazionalità negli accampamenti: quello dei cittadini pakistani è in assoluto il più numeroso e conta circa 50 persone, segue poi quello dei cittadini afghani che ne raccoglie circa una ventina ed infine, c’è quello costituito da giovani gambiani, che ne conta una decina.
In ciascuno di questi spazi loro stessi hanno allestito delle tende con materassi vecchi trovati ovunque, in una cornice di condizioni igienico-sanitarie allarmanti e nella totale mancanza di acqua, elettricità, servizi igienici.
Di fatto continua la vita a cielo aperto e in condizioni estreme di numerose persone i cui diritti sembrano essere stati messi in lista d’attesa. E pare che sia proprio così per coloro che si presentano all’ufficio immigrazione della Questura per essere identificati e per formalizzare la domanda di asilo. Molti ci raccontano di aver potuto lasciare solo il loro nome e cognome su una lista informale, al loro arrivo, e di essere in attesa di venire fotosegnalati e compilare il C3, da diverse settimane.
A questa attesa per avere accesso alle procedure seguirà poi quella per vedersi riconosciuto il diritto all’accoglienza, e così passano altre settimane prima di fare ingresso in un centro.
Tra queste persone costrette a vivere accampate, c’è anche chi, da diverse settimane, attende il rinnovo del permesso di soggiorno. Alcuni di loro raccontano di aver perso il lavoro nella città dove si trovavano perché, una volta giunti a Caltanissetta per rinnovare il permesso, i tempi si sono dilungati ben oltre a quelli accordati loro dal datore di lavoro.
Vi è poi chi ottenuto il riconoscimento alla protezione deve aspettare per mesi il rilascio del permesso e, anche in questo caso, l’attesa dura mesi.
Infine, c’è chi, dopo aver ricevuto un diniego dalla Commissione, non sa dove andare in attesa del ricorso, oppure chi, finalmente in possesso di documenti, sosta negli accampamenti perché non ha chiaro come muoversi.
Infatti il rilascio del permesso di soggiorno è spesso seguito dal problema dell’acquisizione della residenza. A Caltanissetta sembrerebbe esserci un significativo mercato di residenze false. Fenomeno che da tempo lo Sportello Immigrati (retto da quasi un decennio da quattro volontari) sta cercando di arginare, utilizzando la sua sede per l’iscrizione al registro dei senza fissa dimora del Comune di Caltanissetta.
I paradossi di questo sistema di accoglienza e protezione sono numerosi e allarmanti. Nella generale situazione estrema degli accampamenti, quello in cui vivono i cittadini gambiani, risulta insieme e, se possibile, ancora più degli altri, emblematico di un sistema di accoglienza al collasso e nel totale azzeramento di tutela e del rispetto dei diritti. Infatti, tra i ragazzi che vi abitano vi sono ancora i sei giovani del Gambia che abbiamo incontrato lo scorso giugno. Dopo essere stati soccorsi da una nave dall’operazione Mare Nostrum, al loro arrivo sono stati mandati nel CIE insieme ad altri quattordici connazionali, per mancanza di posti nel CARA. In cambio di un’ “accoglienza” in un centro in cui vige il regime carcerario (e si è a tutti gli effetti detenuti/trattenuti e non accolti) è stato loro promesso un tempo di attesa più celere per l’audizione con la commissione. Così è avvenuto, ma poiché a questi sei richiedenti asilo non è stata riconosciuta la protezione internazionale, hanno perso anche il diritto all’accoglienza, e si trovano ormai da mesi a vivere negli accampamenti, in attesa del ricorso davanti al Tribunale.
Giovanna Vaccaro
Borderline Sicilia