Le difficoltà ad accogliere: Agrigento
Dagli ultimi dati raccolti, sembra che la prassi dei respingimenti sia di nuovo in voga nelle questure siciliane. Ad Agrigento, la scorsa settimana sono stati respinti 26 marocchini e 3 algerini dopo essere arrivati a Porto Empedocle con il traghetto proveniente da Lampedusa. Con loro ha viaggiato anche un tunisino arrestato come “presunto scafista”. Dalla nave di collegamento fra le Pelagie e la Sicilia sono scesi anche una ventina di MSNA (minori stranieri non accompagnati) che vanno ad aggiungersi all’esercito dei minori alloggiati nelle tantissime comunità alloggio della provincia agrigentina, che vanta anche il record del numero di centri di prima accoglienza per minori, aperti al solito in emergenza.
In questi CPA (centri di prima accoglienza) possono alloggiare 50 / 60 minori, le cui lamentele sulle carenze di servizi vengono spesso gestite dagli enti gestori con minacce di vario tipo. Abusi che diventano prassi. Come quella – secondo quanto ci riferiscono tanti ex ospiti – di essere segnalati alle questure come sospetti maggiorenni, ed essere accertati come tali esclusivamente sulla base di un esame radiologico al polso, contrariamente peraltro alle nuove linee guida contenute nel disegno di legge sui msna che sta per essere approvato in questi giorni. Come per magia chi si lamenta e protesta diventa maggiorenne.
A causa della mancanza cronica di posti in accoglienza nei CAS per adulti o perché molti dei centri per minori sono “a rischio” a causa delle continue proteste, i neo maggiorenni restano esclusi e l’unica alternativa per loro è la strada. Alcuni dei neomaggiorenni vengono trasferiti nell’hub di Villa Sikania, dove restano “posteggiati” per decine di mesi, in compagnia dei circa 200 eritrei che hanno aderito alla relocation, e che ancora non hanno deciso di abbandonare la struttura a causa dell’attesa infinita.
Lo scorso 29 ottobre alle 17:30 circa, dalla nave Borsini della Marina Militare, attraccata al molo di Porto Empedocle, sono state sbarcati 223 persone, più 3 cadaveri, recuperati in mare. A terra c’è la Croce Rossa e altre organizzazioni umanitarie, tra cui Emergency e Save the Children. Oltre, naturalmente, alla Polizia.
I migranti sono seminudi e scalzi, alcuni coperti con sacchi neri della spazzatura. Vengono loro fornite coperte termiche e ciabatte. Ad alcuni vengono date anche delle maglie. Sotto il gazebo della CRI ricevono dei generi di conforto. Infine vengono fatti salire sui pullman già pronti. Prima sono scesi le donne e i bambini. Tra di loro anche uno di 34 giorni. Per almeno due donne si è reso necessario il trasporto in ambulanza in ospedale. Poi gli uomini, perlopiù provenienti dall’Africa subsahariana e molto giovani. Anche uno di loro va via in ambulanza. Un medico ci fa notare che rispetto ad altre volte “questi sembrano molto più stanchi e provati”. Al tramonto sulla Borsini salgono gli uomini delle pompe funebri a recuperare le tre salme.
A seguito di questo e dello sbarco del 26 ottobre (di 200 persone dalla nave militare Chimera), a Villa Sikania si vive in condizioni simili a quelle dell’hotspot di Lampedusa: il centro è sovraffollato, 600/700 persone, alcune in eterna attesa della relocation, altri di un trasferimento in seconda accoglienza che troppo spesso tarda ad arrivare.
Alberto Todaro
Borderline Sicilia Onlus