Lampedusa: le nuove pratiche di soccorso in mare e le proteste degli Eritrei
Martedì 17 settembre, 115 migranti di origine
sub-sahariana, di cui 36 donne (3
in stato di gravidanza) e 3 bambini, sono stati
soccorsi verso le 13 circa da un cargo battente bandiera liberiana, che ha
effettuato il trasbordo dei migranti sulle due motovedette della capitaneria a
poco meno di un miglio dal porto di Lampedusa, di fronte punta sottile.
Quello dell’utilizzo del mercantili è, come
spiega il Comandante di Vascello G. Cannarile, un modus operandi di
salvataggio a tutela della salute e del benessere del migrante soprattutto
adesso che le condizioni del tempo stanno peggiorando e l’inverno è alle porte.
I mercantili possono infatti garantire, durante le operazioni di salvataggio e
trasferimento, servizi igienici, docce e posti al coperto.
Sono lontani gli anni in cui sanzioni penali
molto severe dissuadevano anche le navi mercantili a prestare aiuto ai
‘naufraghi’ . Secondo il diritto internazionale ogni Stato può infatti
obbligare i comandanti delle navi a prestare assistenza in mare e a soccorrere
chi si trova in una situazione di pericolo.
I migranti hanno però molto timore a salire
sulle grandi navi per paura di essere direttamente rimpatriati. E’ per questo
che i trasbordi sui mercantili sono difficili o a volte impossibili.
Ne è un esempio ciò che è accaduto lo scorso 26
agosto quando, ricevuta comunicazione che la nazionalità dei migranti soccorsi
a 40 miglia
da Lampedusa era eritrea, il comando di Roma ha dato l’ordine a un mercantile
che batteva bandiera panamense, diretto verso il Nord Europa, di effettuare il
salvataggio senza fermarsi sull’isola. Dato il categorico rifiuto dei migranti
di salire a bordo per paura di essere immediatamente rimpatriati, non si è avuta
altra scelta che trasbordare tutti sulle motovedette della Guardia costiera
per poi essere condotti a Lampedusa.
Sembra inoltre che sull’isola ci sia una certa
preoccupazione riguardo le proteste pacifiche che i richiedenti asilo eritrei
hanno instaurando in questi ultimi mesi, rifiutandosi di rilasciare
le proprie impronte digitali nella speranza di andar via dall’Italia senza lasciare traccia,
chiedendo un cambiamento del regolamento Dublino che li obbliga a richiedere
asilo presso il primo paese di arrivo.
Nonostante vi sia comprensione circa la validità
della richiesta di una simile libertà di scelta, il sindaco di Lampedusa e
Linosa, Giusi Nicolini, afferma che quello che i migranti eritrei stanno
ponendo è un problema serio, difficilmente affrontabile nel nostro paese e in
special modo a Lampedusa.
Marzia Trovato
Borderline Sicilia Onlus