Il lager di Lampedusa chiude? No, raddoppia!
Antonio Mazzeo – Distruggiamo i campi e allarghiamo i lager. Mentre va avanti la campagna Porto l’orto a Lampedusa, lo stato promuove Esproprio l’orto a Lampedusa. Nell’isola, infatti, si procede con gli espropri di terreni agricoli per ampliare il centro di accoglienza e soccorso degli immigrati. Quindi canali, briglie e vasche per il deflusso … Le opere incidono in un’area soggetta a vincolo paesaggistico, idrogeologico e ambientale e sono state finanziate dall’Unione Europea. I terreni non sono pagati molto, ed è successo anche che alcuni appezzamenti coltivati, assegnati anni orsono in concessione all’Esercito Italiano per la Caserma Adorno non siano stati mai pagati, nonostante le numerose richieste dei legittimi proprietari. Insomma lo Stato procede ad una sempre più massiccia militarizzazione dell’isola senza preoccuparsi delle modalità con cui continua a trattare i suoi cittadini. I Lampedusani? Brava gente!Mai più Lampedusa avevano fatto sapere dal governo dopo la trasmissione al Tg2 Rai del video shock sulle “disinfestazioni di massa” a cui erano sottoposti i migranti rinchiusi nel Centro di Primo Soccorso e Accoglienza (C.P.S.A.) di contrada Imbriacola. Invece di essere chiuso, il lager vergogna d’Italia sta però per risorgere a nuova vita. L’ampliamento e il potenziamento infrastrutturale del Centro di Lampedusa era stato ammesso lo scorso mese di gennaio dal Ministero dell’Interno in una risposta ad un’interrogazione parlamentare inoltrata dal deputato del Movimento 5 Stelle, Francesco D’Uva. Al parlamentare che chiedeva lumi sulle politiche di accoglienza migranti che le autorità governative intendevano adottare in Sicilia, il ministro Angelino Alfano aveva annunciato che il 10 novembre 2013 erano stati avviati a Lampedusa i lavori di ristrutturazione del Centro “che consentiranno di ampliare la capienza fino a più di 350 posti, riducendo la possibilità che si verifichino situazioni di sovraffollamento della struttura”. Sempre secondo il ministro Alfano, il completamento dei lavori sarebbe avvenuto entro la primavera 2014.Adesso è il Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche di Sicilia e Calabria del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e rilevare modalità ed entità dei lavori di potenziamento del “centro d’accoglienza” di Lampedusa. Nel corso di una conferenza di servizi tenutasi nei giorni scorsi a Palermo, l’Ispettorato, dal 14 dicembre 2011 stazione appaltante per l’esecuzione dei lavori di ripristino del C.P.S.A., ha annunciato l’apposizione del vincolo all’esproprio su alcune aree confinanti con la struttura per “ospitare” migranti onde realizzare “canali, briglie e vasche per il deflusso e recapito nel vallone Imbriacola delle acque meteoriche, previste nel progetto di ripristino dell’agibilità del Centro”.Le opere che incidono in un’area soggetta a vincolo paesaggistico, idrogeologico e ambientale, sono state finanziate dall’Unione Europea grazie al PON Sicurezza per lo Sviluppo – Obiettivo Convergenza 2007-2013 per un importo di 3.700.000 euro. Il progetto di massima è stato redatto nel maggio 2012 dal Settore tecnico provinciale di Agrigento ed è stato approvato il 18 febbraio 2004 dopo alcune modifiche richieste dallo stesso Provveditorato interregionale, previa autorizzazione della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Agrigento e nulla osta del Comune di Lampedusa e Linosa e del Corpo Forestale della Regione Siciliana. Invariato l’importo previsto per le opere, suddiviso specificatamente in 2.600.050 euro per i lavori veri e propri e gli oneri di sicurezza e in 1.099.950 per le somme a disposizione dell’Amministrazione, fra cui i 3.500 euro destinati agli interventi di esproprio (solo 2.284 euro giungeranno però alle tre famiglie proprietarie dei 3.345 mq di terreni agricoli che passeranno allo Stato). Per eseguire i lavori di ampliamento del C.P.S.A. di contrada Imbriacola saranno occupati transitoriamente altri terreni adibiti alla coltivazione di ortaggi per una superficie di 4.104 mq.“L’ennesimo esproprio di terreni di proprietà dei lampedusani è un’ulteriore conferma della sempre più massiccia militarizzazione dell’isola e delle modalità con cui lo Stato continua a trattare i suoi cittadini”, denuncia Giacomo Sferlazzo dell’associazione culturale Askavusa. “Mentre si lancia la campagna Porto l’orto a Lampedusa per cui i promotori cercano 7.000 euro, lo Stato ripropone la sua campagna Esproprio l’orto a Lampedusa. Molto grave è che l’amministrazione comunale non abbia saputo portare a conoscenza dei diretti interessati questo ennesimo furto, e che non si sia opposta ad esso. Ci risulta inoltre che nessun sopralluogo sui fondi interessati sia mai stato effettuato. La parte dei terreni che si vorrebbero espropriare e occupare andranno a frazionare irrazionalmente e inutilmente la proprietà dei fondi, ciò al presumibile fine di diminuire l’indennizzo da corrispondere, lasciando ai legittimi proprietari parte dei loro terreni che però di fatto saranno inutilizzabili oltre che sicuramente inaccessibili e non più idonei alle finalità agricole”.Come ricorda l’associazione Askavusa, il processo di militarizzazione di Lampedusa e in particolare del vallone Imbriacola prese il via nell’aprile del 1986 a seguito degli eventi bellici che videro contrapposti allora le forze armate statunitensi e il governo di Tripoli e del presunto tentativo di attacco missilistico libico contro l’installazione “Loran” della Guardia costiera Usa, al tempo ospitata nell’isola. Oltre ai terreni demaniali presenti nel vallone, dove vi era l’edificio del vecchio ospedale militare dismesso, alcuni terreni coltivati di proprietà di una famiglia lampedusana di circa 5.670 mq., furono assegnati in concessione all’Esercito Italiano al fine di garantire un presidio militare (Caserma Adorno). “Da allora i legittimi proprietari non hanno mai ricevuto alcun indennizzo da parte delle competenti Autorità Statali, nonostante le numerose richieste in tal senso formulate a partire del 1990”, ricorda Giacomo Sferlazzo. “Nell’anno 2005 l’area di contrada Imbriacola è stata smilitarizzata per potere assumere una nuova destinazione d’uso e precisamente quella di Centro di prima accoglienza per gli immigrati e ciò sulla base di un decreto d’urgenza emesso dal Prefetto di Agrigento che autorizzava il Ministero dell’Interno ad occupare per un anno i fondi di proprietà della famiglia Tonnicchi, ancora una volta senza corrispondere alcun indennizzo. Come se non bastasse, nel 2003 altre particelle di terreno dei medesimi proprietari, confinanti con quelle già illegittimamente occupate, furono requisite con decreto prefettizio, al fine dichiarato di realizzare un nuovo centro di permanenza con primaria funzione di primo soccorso e smistamento”.Il progetto fu poi abbandonato anche se il provvedimento di occupazione non è mai stato revocato formalmente e nessun indennizzo è stato attribuito ai legittimi proprietari. Nel 2007 la famiglia Tonnicchi intraprese una lunga e costosa causa innanzi al Tribunale di Palermo al fine di ottenere il risarcimento per l’occupazione del terreno che intanto era stato irrimediabilmente deturpato dal cemento. “Ad oggi ancora non è stata pubblicata la relativa sentenza”, conclude Sferlazzo. “Intanto altri terreni agricoli vengono sacrificati in nome della falsa emergenza immigrazione per incrementare il business dei gestori dei nuovi centri di detenzione per migranti e richiedenti asilo”.Articolo pubblicato in Casablanca, n. 34, marzo-aprile 2014