Approdi e discriminazioni nell’agrigentino
Negli anni il territorio di Agrigento è stato quello più interessato al fenomeno degli sbarchi sia sulle proprie coste sia sulle isole (Pantelleria, Linosa e soprattutto Lampedusa).
Negli anni tanti “barconi della speranza” si sono abbattuti su questo territorio, con migliaia di migranti che hanno attraversato il territorio agrigentino (molti) per pochi giorni o qualche mese, per poi “volare” per altri lidi, sempre spinti dalla speranza di un posto dove vivere la propria libertà!
Secondo i dati in possesso dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Agrigento (aggiornati al 12 luglio 2013) nel 2013 a fronte di 48 sbarchi avvenuti a Lampedusa (58 il totale comprese le coste della Provincia di Agrigento) sono giunti oltre 5.000 migranti solo a Lampedusa.
Questi migranti sono stati tutti (o quasi) ospiti nel CPSA dell’isola…. “il sistema di soccorso e accoglienza rimane esposto a pressioni costanti, ma capace di dare una risposta al fenomeno”. (per il momento non si è inceppato come nel 2011 nonostante le crepe….)
Nelle procedure di intervento sono anche previsti trasferimenti temporanei presso la tensostruttura di Porto Empedocle, aspetto più critico dell’intero sistema. Di fronte alla difficoltà di individuare nuovi posti in accoglienza per quelle persone in eccesso nel CPSA di Lampedusa, a volte si è costretti ad utilizzare la struttura empedoclina per qualche giorno, generando una situazione di tensione ed incertezza sia per il personale in servizio e per i migranti accolti.
Agrigento non è soltanto la provincia con il maggior numeri di approdi ma è anche la provincia siciliana con il maggior numero di posti SPRAR finanziati (93 nel triennio 2011-2013) per un totale di 1.458.000,00 €.
Dei 93 posti SPRAR 48 si trovano nella città di Agrigento (23 vulnerabili – 25 ordinari) mentre altri 45 posti sono in provincia (Racalmuto – Favara – Santa Elisabetta).
Il problema principale per i migranti sbarcati sulle coste agrigentine che non hanno modo di spostarsi immediatamente (per problemi economici – burocratici ecc…) è trovare sostentamento e riparo.
Per i migranti, in attesa di completare il proprio progetto migratorio, non resta che seguire il ciclo dell’agricoltura. In particolare, tale ciclo prevede lo spostamento dalle zone di Licata (raccolta di pomodori), di Canicattì (raccolta di uva), di Ribera (raccolta arance), di Bivona (raccolta pesche). In tali contesti è probabile incontrare migranti irregolarmente presenti sul territorio o con particolari questioni burocratiche legate ai permessi di soggiorno non ancora risolte (residenza, reddito non dimostrato, etc.). In tale fenomeno, si inseriscono cittadini di varie nazionalità: marocchini, tunisini, nigeriani, senegalesi, rumeni. Tutti sono accomunati dalla difficoltà alloggiativa con il risultato che i migranti coinvolti nel fenomeno della circolarità, sono disposti ad abitare case fatiscenti o rifugi di fortuna (in alcuni casi estremi, anche a dormire per strada).
Ci sono infine (una minoranza) che si insedia nella città con altri tipi di problematiche di cui la discriminazione economica è quella più presente, una sorta di sfruttamento inter-etnico che grava sui nuovi arrivati, migranti tra i migranti;
infatti si assiste a nuovi tipi di sfruttamento in cui la mediazione con i cittadini italiani, da parte di cittadini stranieri residenti storici della città, è pagata a caro prezzo dai nuovi arrivati che si trovano ad indebitarsi economicamente o moralmente con i migranti “storici”. Ad esempio, spesso i nuovi arrivati si trovano a chiedere accesso ad un alloggio pagando quote di affitto che finiscono per fornire occasione di lucro per i firmatari dei contratti di affitto. Oppure ancora la mediazione con i cittadini italiani per la registrazione di un contratto di lavoro fasullo al fine di ottenere il rinnovo dei permessi di soggiorno si ottiene solo dietro al pagamento di una cifra al mediatore.
Parallelamente, la componente italiana si avvale della presenza dei nuovi arrivati per ottenere guadagni leciti ma altrimenti impossibili da ricavare. E’ il caso dell’affitto di case che, in una città come quella di Agrigento in cui il numero delle abitazioni supera tranquillamente il numero degli abitanti, sarebbero non affittabili.
Il risultato che si produce è una crescente insofferenza tra coloro che sono sfruttati (più o meno consapevolmente) e una tendenza a replicare tali modelli appena raggiunta una posizione di predominanza sugli altri……….la guerra tra poveri!!!
Si ringrazia per la collaborazione Federico Spagnesi.
Alberto Biondo per Borderline Sicilia