“A Lampedusa trattati come bestie”. Strasburgo obbliga l’Italia a risarcire tre tunisini sbarcati durante la Primavera araba
Huffingtonpost.it – Diecimila euro di risarcimento a tre tunisini che sbarcarono a Lampedusa nel 2011 e che giudicarono il sistema di accoglienza italiano così degradante e bestiale da fare ricorso alla Corte europea per i diritti umani.
I giudici di Strasburgo hanno dato ragione ai tre migranti che, appena giunti sull’isola, furono rinchiusi nel centro di primo soccorso di Contrada Imbriacola, poi danneggiato da un incendio il 20 settembre di quell’anno durante una ribellione dei nordafricani che protestavano per le condizioni della struttura, tristemente finita due anni più tardi nelle cronache internazionali a causa delle docce anti-scabbia somministrate ai migranti costretti a spogliarsi senza protezione davanti agli operatori.
Nella primavera del 2011, quando a Lampedusa arrivarono oltre 55mila migranti in maggioranza tunisini, la situazione di Contrada Imbriacola non era migliore. Così come hanno lamentato ai giudici i tre tunisini (Saber Ben Mohamed Ben Ali Khlaifia, Fakhreddine Ben Brahim Ben Mustapha Tabal e Mohamed Ben Habib Ben Jaber Sfar), “le condizioni igieniche del centro erano agghiaccianti: i bagni e le docce non avevano porte, l’acqua era razionata”. Poiché il numero delle persone era altissimo, i tre furono costretti a dormire per terra e non ebbero la possibilità di contattare l’esterno, senza dunque la possibilità di comprendere la ragione della detenzione, senza che un giudice l’avesse comprovata e senza che un legale potesse fare ricorso.
In tutto e per tutto, scrivono i giudici europei nella sentenza, i tre furono privati della libertà nonostante il centro di Lampedusa non fosse un centro detentivo per stranieri – e cioè un Cie – bensì un centro di prima accoglienza e come tale doveva garantire l’entrata e l’uscita degli stranieri ospitati. Per Strasburgo il flusso eccezionale di tunisini che letteralmente invase l’isola in quei mesi non può essere una scusante per le istituzioni italiane, che avrebbero dovuto comunque trovare una sistemazione più umana.
Senza poi capire quali fossero i reati commessi, in seguito alla protesta che portò all’incendio di Contrada Imbriacola i tre ricorrenti furono imbarcati in una nave diretta a Palermo, nella quale furono costretti a passare quattro giorni senza poter scendere nel porto, sperimentando secondo i giudici un’altra violazione dei diritti umani. Infine furono espulsi in Tunisia il 27 e il 29 settembre, un procedimento che secondo Strasburgo rientra nel rimpatrio collettivo – contrario anche questo ai diritti dei migranti che, secondo i loro legali, non hanno avuto il tempo di comprendere quale fosse la situazione giuridica.
“La sentenza pronunciata dalla Corte europea dei diritti umani è un monito tempestivo a tutti i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa perché ricordino che i richiedenti asilo e i migranti devono essere trattati come individui con gli stessi diritti di chiunque altro”. Lo dichiara Thorbjorn Jagland, segretario generale dell’organizzazione paneuropea, a proposito della condanna dell’Italia da parte della Corte di Strasburgo per il modo in cui il Paese ha detenuto e rimpatriato tre tunisini nel 2011. Jagland sottolinea inoltre che “la crisi migratoria minaccia seriamente il rispetto dei diritti umani in diverse parti d’Europa”.