Dignità – diario tunisino del Forum Sociale Mondiale a Tunisi

Dai compagni di Catania un contributo sul lavoro migrante in Sicilia

Scheda sul lavoro migrante a Cassibile (Sr)

Ogni anno da aprile a giugno, in occasione
della raccolta delle patate, ai circa
5.000 residenti a Cassibile (oltre 300 residenti provengono dal Marocco) si
aggiungono diverse centinaia (500/700) di migranti. I problemi sono legati
innanzitutto alla sistemazione logistica e all’ organizzazione del lavoro. In
generale, chi arriva proviene dal Nord Italia e da altre “raccolte” (una vera
transumanza del lavoro migrante nelle campagne meridionali). Negli ultimi anni
è aumentato il numero di coloro che arrivano perché hanno perso il posto di
lavoro nelle fabbriche e nei cantieri del nord. La presenza di una comunità
marocchina rende più semplice il “primo impatto” per chi proviene dal Maghreb.

Per loro è infatti possibile affittare appartamenti o stanze nel centro
abitato. Gli altri (Sudanesi, Somali, Eritrei…) hanno potuto negli anni
scorsi utilizzare il campo allestito dalla Croce Rossa, o trovare rifugio,
senza acqua né luce, nei caseggiati di
campagna abbandonati o installando tende. L’anno scorso la CRI ha gestito una
tendopoli , che in media ha “accolto” 140/150 migranti, questo servizio è stato
molto criticato dai migranti, ai quali è persino impedito di cucinare
autonomamente le loro pietanze; inoltre, il campo ha accolto solo i “regolari”
e chi, entro 10/15, sarebbe entrato in possesso di un contratto di lavoro (un
vero abuso di potere !). Al contrario, per incentivare la lotta al mercato nero
(oltre che per una elementare difesa dei diritti) e favorire le politiche di
inclusione, sarebbe necessario allargare la possibilità di accesso anche a chi
è “irregolare” almeno nell’ingaggio, per rendere esigibile il nuovo reato
penale di caporalato (la stragrande maggioranza dei migranti che arrivano a
Cassibile è infatti regolare con il permesso di soggiorno (rifugiati,
richiedenti asilo, protezione umanitaria, in regola con il PDS, in attesa di
rinnovo…), ma non potendo lavorare nel rispetto delle norme contrattuali sono
spinti verso il lavoro irregolare con il rischio di perdere il permesso di
soggiorno, grazie a vergognose leggi razziali come la Bossi-Fini ed il
“pacchetto sicurezza”.

Ancora più complicata,
ovviamente, la situazione per chi è costretto a inventarsi improbabili tetti
fra le strutture fatiscenti e abbandonate. Risolto il problema del precario riparo notturno, il
migrante può iniziare la ricerca di un lavoro. Teoricamente l’assunzione di
manodopera deve essere eseguita tramite gli organi di collocamento, il salario
orario netto è di 6 euro e venti, sei ore e trenta minuti la giornata
lavorativa, spese logistiche, di trasporto e materiale di lavoro (scarpe
antinfortunistiche, guanti) a carico del datore di lavoro. In realtà il
collocamento è in mano ai “caporali” (in buona parte di origine marocchina) ed
a subcaporali in base alle varie etnie; costoro gestiscono anche i trasporti
(da 3 a 5 euro il costo) e trattano salari differenziati: chi viene dal Maghreb
guadagna fra 35 e 40 euro, gli altri 30 o ancora meno. Gli orari sono
“flessibili” (in media 8/9 ore), se vuoi lavorare l’indomani devi comunque
essere in grado di riempire quotidianamente almeno 100 casette, ognuna del peso
di 20/22 chili. Dal 2006 come rete antirazzista catanese si è regolarmente
presenti a Cassibile per supportare i migranti nella lotta per i diritti e
stimolare momenti di autorganizzazione. Da anni si aspettano le ultime
settimane per provvedere ad un’accoglienza solo per un centinaio di migranti
“regolari”; una regolarità pretesa per offrire loro un posto letto, ma ignorata
quando si tratta delle garanzie contrattuali e delle tutele sindacali. E’
drammatico che ciò si ripeta ogni anno in una terra dove 44 anni fa ci furono
eroiche lotte bracciantili che riuscirono a debellare a livello nazionale le
piaghe delle gabbie salariali e del caporalato. Quest’anno la parziale
“accoglienza”, da sempre d’emergenza, non è stata finora programmata e temiamo
che in tempi di sanguinosi tagli alle spese sociali, ci sia il rischio che
centinaia di migranti potrebbero essere abbandonati al supersfruttamento dei
caporali per ingrossare i profitti di padroni senza scrupoli.

L’anno scorso numerosi migranti ricevettero la
vergognosa contestazione di “invasione di terreni o edifici e danneggiamento”
da parte delle forze dell’ordine; come al solito lo stato deve dimostrare la
sua forza con i deboli, peccato che sia quasi sempre debole con i forti.

—Perché non si controlla
a monte chi compie il reato di caporalato?

—Perché non si applica
la direttiva europea (n.52 del 18/6/’09 ),che concede il permesso di soggiorno
a chi denuncia chi sfrutta il lavoro nero?

—Perché ci si accanisce
contro chi non ha il permesso di soggiorno. criminalizzandolo, quando invece ci sono tante ditte che evadono i
contributi ed ingrassano i caporali?

—Perché non si
individuano e perseguono le ditte che commercializzano le patate provenienti da
Francia, Egitto, Israele (conservate grazie all’illegale uso di antigermogli e
di prodotti secca tutto), spacciandole per prodotti locali?

Il principio di “Uguale
salario per uguale lavoro
” o diventa la bussola dell’associazionismo
antirazzista e del sindacalismo conflittuale o la differenziazione etnica dei
salari (quest’anno oscillano da 30 a 40 euro al giorno) può innescare
fratricide guerre fra poveri, contrapponendo lavoratori italiani ai migranti, e
fra gli stessi migranti di diverse nazionalità, soprattutto in presenza
dell’attuale devastante crisi economica; l’esemplare esperienza dell’estate
2011 a Nardò ha dimostrato che i migranti possono riuscire ad autorganizzarsi
ed a lottare per i propri diritti nelle campagne, anche grazie al sostegno
dell’associazionismo antirazzista e del sindacalismo conflittuale. Rilanciamo
anche quest’anno l’appello all’associazionismo solidale, ai GAS (Gruppi di
Acquisto Solidale), ai GAP ed alle esperienze di consumo critico a sostenere la
campagna di acquisto delle patate socialmente eque, prodotte dalle ditte che rispettano le norme
contrattuali.

Catania, 26/3/2013

Rete Antirazzista Catanese

(alfteresa@libero.it-siamo
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