Le storie di migliaia di bambini e delle loro famiglie fuggite dalla guerra e in cerca di un futuro in Europa raccolte da Save the Children
Da Repubblica.it – Quasi tutti i minori accompagnati, prima soccorsi e poi sbarcati in Italia dal 1° gennaio al 31 maggio 2014 – 1.542 su 2.124 – sono bambini siriani, con un’età media di 5 anni, ma anche molto piccoli, in fuga dal conflitto iniziato 3 anni fa assieme alle loro famiglie o ad una parte di esse, perché qualcuno non è potuto partire. Un viaggio terribile iniziato nella maggior parte dei casi 1 o 2 anni fa per sottrarsi a combattimenti che non risparmiano città e villaggi in tutta la Siria, che colpiscono la popolazione civile e soprattutto i bambini, uccisi, torturati o armati, esposti ad amputazioni o malattie gravi per mancanza di cure, spesso senza cibo sufficiente e senza acqua.
Voce alla loro ultima speranza.
A loro è dedicato L’Ultima Spiaggia. Dalla Siria all’Europa, in fuga dalla guerra, il rapporto presentato da Save the Children, l’Organizzazione che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e difendere i loro diritti, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato per dare loro un nome e un’identità, dare voce alla loro ultima speranza di futuro rivolta all’Italia e all’Europa, attraverso le storie raccolte nei mesi scorsi nelle aree di sbarco in Sicilia e in Calabria, o nelle città raggiunte per proseguire il viaggio come Roma e Milano. Gli arrivi dei profughi siriani sono andati ad intensificare gli ingenti flussi già provenienti dagli altri paesi: secondo i dati ufficiali e le stime di Save the Children, dal 1 gennaio al 17 giugno 2014 sono arrivati via mare in Italia più di 58.000 migranti, di cui più di 5.300 donne, più di 9.000 minori, di cui più di 3.160 accompagnati.
La costante dei bambini in fuga.
La presenza di bambini e adolescenti sulle imbarcazioni in emergenza soccorse da Mare Nostrum ha rappresentato nel 2014 una costante, fino a raggiungere in alcuni casi quasi la maggioranza dei migranti a bordo. Basti pensare che il 24 maggio scorso, a bordo di una sola imbarcazione soccorsa vi erano 488 migranti tra cui 171 minorenni. La maggior parte, ben 141, erano bambini e bambine siriane che viaggiavano con uno o entrambi i genitori.
Il flusso dei siriani in aumento.
L’arrivo via mare in Italia dei profughi siriani è iniziato nel 2012, quando il flusso dei migranti in arrivo in Italia ha iniziato ad assumere il carattere di un esodo umanitario, con una maggioranza proveniente da paesi in conflitto, sotto dittatura o con situazioni di grave emergenza. Nel 2013 l’arrivo dei profughi siriani si è intensificato fino a raggiungere solo tra agosto e ottobre 9.365 persone (805 donne e 1.405 minori), mentre quest’anno la Siria è il secondo principale Paese di provenienza dei migranti arrivati in Italia (6.620 su 41.243 tra il 1/1 e il 31/5), preceduta solo dall’Eritrea, ma è il primo Paese di origine se si considerano soltanto i minori in nucleo familiare: ben 1.542 (su 2.124) bambine e bambini arrivati in Italia via mare sono siriani, figli e figlie, che uno o entrambi i genitori hanno tratto in salvo dalla guerra.
Il lungo e costoso viaggio.
La maggioranza di queste famiglie appartengo alla classe media siriana, professionisti, imprenditori, commercianti, agricoltori o allevatori, e sono fuggite dalla Siria 1 o 2 anni fa per intraprendere un lungo e costoso viaggio, spesso passando per il Libano e l’Egitto, dove molte hanno vissuto per settimane o mesi nelle periferie del Cairo e di Alessandria in condizioni precarie, ulteriormente peggiorate a causa dell’instabilità politica del paese. In alcuni casi si sono imbarcate per l’Italia direttamente dall’Egitto, in altri sono entrate in Libia attraverso la frontiera.
Le storie raccolte da Save the Children
Secondo le storie raccolte da Save the Children, in Libia hanno provato a vivere cercando una casa e un lavoro, esposti a persecuzioni, furti, minacce e violenze, che coinvolgono anche i minori, e rendono progressivamente insostenibile la situazione. La maggiore concentrazione di siriani in Libia è nella città di Bengasi, dove, secondo le loro testimonianze, la situazione si è deteriorata negli ultimi mesi al punto che i siriani non si sentono più liberi neanche di camminare per le strade e i bambini non possono più frequentare le scuole.
Il racconto di Nadia.
La testimonianza di una ragazzina di 15 anni, di Homs, mentre riposa in un centro di accoglienza a Milano prima di proseguire con i suoi fratellini e i genitori il loro viaggio verso la Danimarca.”In Libia eravamo molestati, ci dicevano di andarcene… Abbiamo deciso di partire, anche morire in mare era meglio dell’inferno che vivevamo in Libia. Certo, sapevamo che avremmo rischiato la vita affrontando il viaggio in mare, ma erano successe troppe cose brutte. C’era una famiglia che voleva obbligarmi con la forza a sposare il loro figlio. Mentre ero a scuola quel ragazzo mi perseguitava e molestava in continuazione. Ha persino mandato lettere ai miei genitori minacciando di rapirmi. I miei genitori si sono spaventati perché eravamo in una piccola cittadina, e in quel posto tutti si conoscevano ed erano tutti armati. Potevano facilmente fare quello che dicevano. Avrebbero anche potuto uccidere i miei familiari se si fossero opposti al matrimonio. C’erano tante ragazze nella mia stessa situazione, e per questo volevano tutte scappare dalla Libia”.
E quello di Hamed.
Anche Hamid, 22 anni, vuole andare a nord, in Inghilterra, per potersi far raggiungere al più presto dai fratellini di 8, 10 e 14 anni, e da sua sorella di 17 che vivono ancora in pericolo a Daraa : “Di notte ci sono i bombardamenti e la mattina i bambini vanno a vedere cosa è successo e chi è morto, dove sono cadute le bombe. Poi tornano a casa e lo raccontano ai genitori ‘…papà è morto questo, quello…’ e chiedono: ‘quando capiterà anche a noi?’. Non hanno altri giochi, solo pallottole e bombe esplose”.
La vicenda di Hassan.
Hassan, 28 anni, è sbarcato con la moglie, un figlio di 2 anni e mezzo e una bimba di 16 a Lampedusa il 15 ottobre 2013. Si erano imbarcati comunque, disperati, anche dopo aver saputo del terribile naufragio di pochi giorni prima dove erano morti molti siriani, tante donne e bambini. Appena trasferiti in Sicilia hanno dovuto lasciare le loro impronte digitali anche se non volevano: “Mi hanno detto che le impronte erano solo per l’anticrimine e sarei potuto comunque entrare dove volevo in Europa.” Non era così, dopo aver raggiunto l’Austria e aver fatto la domanda di asilo è risultato che erano già registrati come richiedenti asilo in Italia, e sono stati rinviati a Roma, dove Save the Children li ha incontrati e assistiti . “Vorrei poter avere un tetto per me e per i miei bambini. Vorrei che loro potessero andare a scuola e vivere in un posto sicuro.”
Ranya, sua sorella, suo fratello e la mamma.
Ranya, 12 anni, di Damasco, invece vive da poco ad Amburgo con la sua mamma, una sorella di 18 anni e un fratello di 20: “Io e mia sorella frequentiamo dei corsi pomeridiani di tedesco, di mattina andiamo in una scuola normale e cerchiamo di capire il più possibile anche se è molto difficile”. La mamma è stata intervistata da un giornale locale e ha ricevuto una visita di benvenuto dai vicini di casa. “Certo abbiamo solo un mobilio essenziale, i letti disposti in un’unica stanza. Ringraziando il cielo, però, le bambine stanno bene, giocano con i loro coetanei e finalmente si sentono al sicuro.”
Le mete preferite.
I paesi europei del nord e centro Europa, in particolare, Svezia, Norvegia, Germania e Svizzera, sono la meta finale di queste famiglie, che non vogliono restare in Italia, ma proseguire il loro viaggio per raggiungere familiari o amici che hanno trovato condizioni di accoglienza e integrazione dignitose in quei paesi. Tendono ad abbandonare il prima possibile i centri di prima accoglienza in cui vengono trasferiti dopo lo sbarco sulle nostre coste, possibilmente senza farsi identificare dalle autorità italiane, per il timore, una volta raggiunto il paese europeo obiettivo finale del loro viaggio, di essere rimandati indietro in Italia, primo paese di ingresso nell’UE, come prevede il Regolamento Dublino.
Le richieste all’Unione Europea.
Per far fronte nell’immediato all’enorme emergenza umanitaria legata alla crisi in Siria ed evitare che i profughi siriani, in particolare i bambini e le loro famiglie, si espongano a ulteriori gravi rischi nel tentativo di raggiungere clandestinamente i paesi europei, Save the Children chiede in particolare a tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea:
– di acconsentire all’ingresso dei profughi siriani nei loro territori, evitando procedure di rinvio in violazione del principio di non – refoulement;
– di rispettare il loro impegno per la realizzazione di programmi di re-insediamento o altre forme di ammissione umanitaria per almeno 30.000 siriani (e Palestinesi dalla Siria) entro il 2014, con una priorità per i bambini siano essi accompagnati o non accompagnati;
– di facilitare le procedure di riunificazione familiare riguardanti i profughi siriani e persone già residenti sul territorio europeo.
I bambini che viaggiano da soli.
Oltre ai minori siriani giunti prevalentemente con le loro famiglie, fino al 31 maggio 2014 sono giunti in Italia via mare anche 364 minori siriani non accompagnati, che hanno quindi affrontato da soli il loro viaggio. Come loro, per fuggire da conflitti, dittature, violenze, fame o povertà estrema, situazioni senza alcuna possibilità certa di futuro per se o per le proprie famiglie, sono giunti anche altri 4.234 minori non accompagnati. Hanno in maggioranza un’età compresa tra i 14 e i 17 anni (ma si è segnalato un numero significativo di casi con un’età inferiore 12-13 anni), sono in maggioranza maschi anche se si sono registrati di tanto in tanto piccoli gruppi di ragazze, spesso dello stesso paese d’origine, e sono principalmente originari dell’Eritrea (1.709), Somalia (679), Egitto (516), e di paesi dell’Africa sub sahariana. Il dato continua tuttavia ad aumentare, infatti, secondo le stime di Save the Children aggiornate al 17 giugno 2014, sono quasi 6.000 i minori non accompagnati giunti in Italia dall’inizio dell’anno.
“Il viaggio di Bereket”.
Per sensibilizzare il pubblico sulla condizione dei minori migranti e sulla difficoltà dei loro viaggi, Save the Children lancia oggi anche un’iniziativa sui social media, attraverso “Il viaggio di Bereket”, un “profilo” di un ragazzo eritreo di 15 anni in viaggio verso la Germania per costruirsi una vita e un futuro. Da solo, senza soldi e documenti, spostandosi con mezzi di fortuna, Bereket racconterà al mondo la sua storia e il suo viaggio day by day, con lo stesso strumento e modalità con cui ogni ragazzo “occidentale” descrive ogni momento della sua vita su Facebook. La storia raccontata nel progetto prende spunto dalle reali testimonianze di minori migranti eritrei raccolte dall’Organizzazione, con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sui rischi enormi cui vanno incontro migliaia di minori soli non accompagnati che intraprendono viaggi che durano anche diversi anni, spinti dalla disperazione e dalla speranza di realizzare il proprio progetto di vita.