Da Borderline Sicilia a Mem.Med. Memoria, testimonianza e denuncia nel Mediterraneo
Borderline Sicilia affronta un cambiamento importante, prendendo un’altra forma e un altro nome: Mem.Med – Memoria Mediterranea ETS, nel solco di una stretta contiguità e continuità con tutto ciò che è stato fatto dal 2008 ad oggi.
In questi quindici anni di vita di Borderline Sicilia, una delle attività più importanti è stata la ricerca delle parole per raccontare l’immigrazione sull’isola. È stato un lavoro collettivo, assiduo, attento, che ci ha permesso di rendere concrete e conoscibili le cose che vedevamo e con cui ci confrontavamo ogni giorno.
Non è stato difficile trovare le parole per annodare i fili di questo lungo racconto, ma lo è oggi, in questo preciso momento storico, trovarle per comunicare a tutte le persone che in questi anni ci hanno conosciuto, con le quali abbiamo condiviso battaglie, con le quali abbiamo fatto pezzi di strada insieme, che Borderline Sicilia, nella forma in cui è esistita fino ad oggi, non c’è più.
Borderline Sicilia è nata nel 2008 dall’unione di cinque persone che avevano l’esigenza profonda di raccontare le migrazioni per dare una narrazione diversa, meno stereotipata e più vicina ad una dimensione reale. E questa esigenza profonda nasceva dalla rabbia e dal dolore di dovere assistere all’instaurazione di un regime, quello della frontiera, che ha trasformato il Mediterraneo in una fossa comune e la Sicilia in un laboratorio in cui sperimentare nuove forme di prigionia e confinamento di esseri umani, oltre che di militarizzazione del territorio.
Il regime della fortezza Europa ha fatto dimenticare i principi su cui si sarebbe dovuta basare l’unione dei Paesi europei, ossia principi che attraverso l’abbattimento dei confini interni, avrebbe dovuto rafforzare e difendere i diritti umani, l’uguaglianza, la libertà, e voltare pagina dopo gli orrori delle due guerre mondiali e del nazi-fascismo. Ma così non è stato, e non è ancora. Anzi, paradossalmente, l’Unione Europea ha messo e continua a mettere in atto politiche disumane che inevitabilmente hanno inciso anche sul cambiamento culturale, sociale e politico delle popolazioni dei vari Paesi.
Oggi le stragi in mare non provocano nemmeno quella minima commozione che in passato provocavano. L’affondo di principi fondamentali come quello del salvataggio di vite umane in mare è diventato la regola, e il processo di criminalizzazione, sia delle persone in movimento che di quelle che esercitano la solidarietà nei loro confronti, ha raggiunto il punto più alto.
Ogni governo che si è succeduto in Italia negli ultimi venti anni ha contribuito a rendere l’immigrazione solo un problema di ordine pubblico, un fenomeno da usare e strumentalizzare ad ogni campagna elettorale. Fino ad arrivare ad oggi, ad un governo di aperta e dichiarata derivazione neo-fascista e pienamente sovranista, che nel giro di pochi mesi ha riportato la situazione all’anno zero, cancellando in un attimo anche i pochi progressi positivi che erano stati fatti con immense fatiche.
Oggi assistiamo alle peggiori involuzioni in un clima pesantissimo di ignoranza e razzismo: guerra totale e permanente alle ONG che effettuano i salvataggi in mare, indebolimento del sistema di protezione e del diritto di asilo, smantellamento del sistema di accoglienza, annientamento dei dispositivi statali di soccorso in mare, caos sbarchi per creare l’emergenza, accordi con paesi che non rispettano i diritti umani, aumento della detenzione amministrativa e trattenimento dei richiedenti asilo, eliminazione delle tutele per i minori non accompagnati per menzionare solo alcune cose.
E non va dimenticato che per la prima volta nella storia, il governo attuale ha utilizzato il nome del luogo di una strage di decine di persone per intitolare un provvedimento normativo che toglie diritti e crea ancora più discriminazione, povertà ed esclusione. Nel nome di persone, uomini, donne e bambini morti nella ricerca di una vita migliore.
Nel 2008 ci sembrava fondamentale portare avanti un lavoro di memoria attiva, memoria del presente che serve a denunciare ciò che accade mentre accade. Le morti in mare non sono disgrazie o incidenti, ma le conseguenze dirette delle politiche di frontiera dell’Italia e dell’Europa.
Per quindici anni Borderline Sicilia ha fatto lavoro di memoria attiva attraverso il monitoraggio degli arrivi in Sicilia, delle procedure e delle prassi istituzionali messe in atto, del sistema di accoglienza e di detenzione, della vita dei migranti nelle campagne, cercando di raccontare la realtà senza privarla della complessità che la caratterizza.
Tutte queste esigenze ci sono ancora, oggi più che mai, e Mem.Med, attraverso il supporto ai familiari dei morti e degli scomparsi in mare ed attraverso le varie attività che porterà avanti, continuerà il lavoro di memoria attiva e denuncia iniziato da Borderline Sicilia, che non finisce, ma si trasforma ed acquista una dimensione più ampia.
E come in ogni tappa di cambiamenti importanti, per noi è fondamentale ringraziare le decine di volontari e volontarie che in questi anni hanno reso possibile tutto ciò che Borderline Sicilia ha fatto, le realtà con cui abbiamo collaborato, la Chiesa Protestante tedesca che ci ha supportati con costanza e fiducia, la Fondazione Alexander Langer che ci ha insignito di un premio importantissimo, e soprattutto tutti gli uomini e le donne in cammino per i più svariati motivi, che abbiamo incrociato nel loro viaggio e che ci hanno ricordato in ogni momento quanto sia importante lottare sempre per i diritti di ogni persona.
Un pensiero speciale va a Roman Herzog, che con la sua intelligenza e attenzione verso il mondo ha dato un contributo fondamentale alla nascita di Borderline Sicilia, e che purtroppo se n’è andato troppo presto.
Tutto il lavoro di Borderline Sicilia rimane sotto forma di archivio on line sul sito www.borderlinesicilia.it.
Redazione Borderline Sicilia